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logo di Carmine TrischittaSpesso ascoltando parlare correntemente il Siciliano si incontra difficoltà a comprendere certe espressioni che, tradotte letteralmente in italiano, sembrano prive di significato o hanno un significato che non lega con il resto del discorso. Il siciliano, infatti è ricco di espressioni caratteristiche, spesso esclusive di determinate zone, che lo rendono vario e particolare , anche se talvolta un po’ difficile da capire.
Molte di queste espressioni sono ormai obsolete o raramente usate, ma alcune sono ancora abbastanza presenti nel linguaggio dei siciliani; altre ,infine, parzialmente italianizzate, sono entrate a far parte di quella specie di slang parlato dai più giovani che, in un contesto di base italiano, inserisce frasi e parole prese dalle varie parlate regionali o addirittura da altre lingue. Es.: “Come stai, bella me? = Come stai cara?” o “La mia collega non ce la sa ad usare il computer = La mia collega non è capace di usare il computer”…
 
Eccone un po’ in ordine alfabetico  :
 
– A facci abbuccuni (lett. a faccia in giù).
Usato anche per gli oggetti nel senso di “capovolto” 
– A l’ammucciuni ( di nascosto)
– Beddra/u me (lett. bella/o mia/o). Si usa soprattutto come  espressione affettiva:”cara/o, cara/o mia/o”.
 – Catammari catammari ( lemme lemme, piano piano)
– Cci ghi di vacanti chinu ( lett. gli  è andata da vuoto a pieno) cioè: “insperatamente gli è andata molto bene”
– Chiangi minestra (lett. piangi minestra).Si dice di chi si lamenta sempre del proprio stato.
– Chioviri ad assuppa viddranu (lett.piovere ad inzuppa contadino): E’ la pioggerellina lenta ma continua  che non è tempesta ma bagna fino alle ossa.
– Ciccu mi tocca (lett. Francesco mi tocca).Qualcuno, soprattutto una ragazza, che si lamenta di essere disturbata da un’altra persona, ma in realtà è lei che fa di tutto per  farsi disturbare.
– Cu lu culu ( lett. con il culo) Si usa quando non si vuole fare o accettare qualcosa. Es, “ cu lu culu ca lu fazzu = non lo farò mai”
– Cu veni veni ( lett. chi viene viene ) . Si usa nel senso di “chiunque venga”. Es:” cu veni veni è megliu di tia = chiunque nega sarà meglio di te”
– Davanzi darrè (lett.davanti dietro). Si dice di indumento indossato per errore al contrario, con la parte posteriore davanti e viceversa.
– Facci sfacciata (lett.faccia scolorita).Significa: ”faccia tosta”, persona che non si vergogna.
– La coppula torta (lett. il berretto siciliano storto). Pare che portare “ la coppula 
– Li Scarpi cu li tacchi tisi( Lett, le scarpe col tacco teso)  = ”le scarpe a tacco alto , in particolare venivano chiamate così quelle con l’ortopedico  in legno che si usarono nel dopoguerra
– L’occhi mi fannu pupi pupi( lett. gli occhi mi fanno pupi pupi ) cioè:” mi ballano le immagini”(anche in senso figurato)
– Lu fici unni moddru unni duru( lo ha fatto dove molle dove duro)= “lo ha malmenato, lo ha picchiato duramente.
– Lu vecchiu dragu (lett. il vecchio drago).”Lu vecchiu dragu” è il protagonista  malvagio di molti racconti siciliani: l’orco; la moglie dell’orco è la “mamma draga”
– Lu zzu m’intruzzu (lett. lo zio m’immischio).Una persona che s’intromette senza averne titolo negli affari degli altri.
– Lu zzu vasa vasa ( lett. lo zio bacia bacia).Una persona che si mostra fin troppo espansiva con gli altri per secondi fini, spesso si tratta di politici in campagna elettorale.
– Mi cadì la facci n’terra (lett. mi è caduta la faccia per terra) Significa: “mi sono mortificato”
– Orbu di l’occhi (lett. cieco dagli occhi o privo degli occhi). E’ una specie di giuramento , significa: “dovessi diventare cieco se quello che sto affermando non è vero”
– Parla cu lu tischi toschi( lett. parla col tischi toschi) cioè parla affettatamente, ostentando vocaboli e accento  nordici.
– Pregati sulu (lett. compiaciti da solo). Si dice di chi mostra di essere molto contento di sé stesso e racconta con tanti fronzoli le sue azioni spesso appena mediocri.
– Quannu ma’ no ( lett. quando mai no). Significa: ”almeno, Per lo meno”
– Si cunta e si boncunta (lett. si racconta e si racconta bene) . E’ la frase introduttiva delle fiabe siciliane, praticamente il nostro ”C’era una volta…”
– Un ci la sapi/ ci la sapi (lett. non ce la sa/ ce la sa). Significa  che una persona non è capace/ è capace di fare qualcosa
– Un si fa, né friddu né cavudu ( lett. non si fa né freddo, né caldo). Si dice di chi non fa una grinza, non si lascia prendere dagli entusiasmi o dalle emozioni.
– Un si ponnu vidiri (lett, non si possono vedere) = “non si sopportano, si odiano”