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La sfida di due viticoltori trentini, Stefano e Marina Girelli, che hanno scelto la Sicilia come terra d’adozione dal 2001. Dall’amore per l’Isola nasce il progetto di riportare alla luce un “vitigno-reliquia“, cioè l’Orisi.

Orisi, il ritorno del vitigno-reliqua

L’origine di questo vitigno è accertata come frutto della libera impollinazione tra Sangiovese e Montonico Bianco: è presente in pochi esemplari, nei vigneti più antichi dei Nebrodi, ed è uno cosiddetti “vitigni-reliqua” siciliani, recuperati grazie a un progetto sperimentale della Regione Siciliana.

Le attività in tal senso, gestite dal vivaio regionale “Federico Paulsen” di Marsala, rientrano nell’ambito del piano denominato “Valorizzazione dei vitigni autoctoni siciliani”.

“Abbiamo preso parte – spiega Stefano Girelli ad AdnKronos – a questo progetto con orgoglio. Siamo convinti che il recupero e la valorizzazione dei vitigni antichi rappresenti una concreta azione nella salvaguardia della biodiversità e dei territori storicamente vocati alla viticoltura”.

Stefano e la sorella Martina, a partire dal 2001, si sono trasferiti in Sicilia per dare vita a vini biologici e vegani prodotti all’interno della cantina Santa Tresa e nell’azienda agricola Cortese, due realtà diverse avviate a Vittoria, nel Ragusano. “Orisi ha trovato la sua casa in un piccolo fazzoletto della nostra tenuta esposto a Nord, dove abbiamo piantato 1.523 ceppi allevati a spalliera in un terreno franco sabbioso, ricco di minerali e poggiato su uno strato di calcareniti compatte”.

La ricerca ha preso vita nel 2003, in partenariato con tre aziende vitivinicole, tra cui Santa Tresa, in collaborazione con il Centro Innovazione Filiera Vitivinicola della Regione Siciliana. Il lavoro di ricerca applicativo si è concentrato sul confronto della variabilità varietale di vitigni reliquia in siti colturali diversi sia nella Sicilia occidentale che in quella orientale, dove sorge Santa Tresa.

A partire dal 2012, le prime prove di vinificazione: così si è ottenuta l’iscrizione di 6 nuove varietà di vite da vino al Registro nazionale delle varietà di vite in un percorso di valorizzazione dei vitigni autoctoni siciliani.

Stefano e Marina Girelli chiamano affettuosamente l’uva Orisi “innominabile”, perché di fatto è come se non esistesse ufficialmente. “Ci vorranno i tempi tecnici previsti dalle normative – spiega Stefano – per richiamarlo con il suo nome ma, intanto, il vino figlio di questa varietà, l’”O” di Santa Tresa, questa la definizione attuale in etichetta, esiste. L’annata 2020 di questo Rosso Terre Siciliane IGP è un’edizione limitata, di poco più di 2mila bottiglie, un inno alla rinascita di uno dei frutti di quella Sicilia che io definisco un giardino”.