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Palermo zona Via Cavour incrocio via Francesco Crispi latitudine 38° nord longitudine 16° est.


02Cari cittadini comincia un altro viaggio attraverso le immagini la storia, e il degrado quotidiano della nostra città. Camminando lungo Via Cavour, e raggiunta la caserma della finanza Cangelosi,  s’intravede la Piazza Tredici Vittime, a ricordo degli eroi rinascimentali trucidati tramite fucilazione, dall’esercito Borbonico in loco.
Arrivando alla Piazza si  può scorgere il conservatorio Bellini, e la chiesa di San Giorgio dei Genovesi, dedicata a San Luca datata1591
Attraversata la Piazza si può osservare una parte dell’aria dove sorgeva la vecchia fortezza del Castello a Mare, un Bastione della porta San Giorgio. Oggi rimane solo desolazione, e ruderi in totale abbandono tra le sterpaglie, e l’erba alta, le passerelle per visitare la zona dove sorgeva il Bastione sono semi distrutti, e impraticabili, il cancello, e chiuso da tempo, e la scaletta d’ingresso é invasa di rifiuti, e erbacce cosi tutt’attorno. Andando più avanti c’è l’obelisco marmoreo monumentale, in onore ai tredici eroi, la struttura e formata con una base quadrata, e s’innalza verso alto con uno stelo terminante con una stella di bronzo.
03L’aspetto del monumento e anch’esso molto fatiscente le lastre di marmo della base appaiono lesionate, e alcune rotte i pezzi giacciono a terra assieme ai rifiuti, e le erbacce.
Le aiole attorno sono state potate in malo modo, e più specificatamente hanno un aspetto orribile i rami tagliati si trovano ancora sul posto da parecchi mesi, e un grosso tronco e rimasto tagliato, e abbandonato in attesa di essere rimosso.
I muretti che circondano una parte dei resti del Bastione, sono tutti rovinati perché gran parte del cemento si trova caduto a terra da qualche tempo, infatti, si nota la struttura di ferro ormai arrugginita. I cespugli sono fuori della cinta del muretto ostacolando il passaggio, mettendo a rischio la sicurezza del passante che corre di graffiare il viso, e nella peggiore delle ipotesi rovinare gli occhi con i rami sporgenti, e il marciapiede ristretto, da non consentire un agevole passaggio. La situazione, e tale in tutto il marciapiede, scendendo da Via Crispi, inoltre sulla destra camminando si nota un grande deposito parcheggio che confina con i resti del Bastione ciò lo ritengo un fatto anomale dato l’importanza del sito storico. Concludendo la visione di ciò, e veramente allucinante, e la sporcizia regna ovunque questo e lo spettacolo che si offre al visitatore.
05Cosa dire le parole a volte non sono sufficienti. Ma e un atto dovuto testimoniare nei confronti di chi credendo ad una causa di lotta per la libertà, immolando la propria vita cadde sotto il fuoco del plotone di esecuzione mettendo in gioco se stesso per il popolo.
Io credo che per rispetto di queste povere vittime sarebbe cosa giusta dare un aspetto decoroso a questo luogo. Inoltre darei un ottimo consiglio a chi amministra questa città di fare in modo che le persone proposte al compito di giardinaggio facciano un serio periodo di corso professionale  prima di fare un simile scempio. Possibilmente tale persone addette, ai lavori devono essere seguiti e controllati fino a lavoro compiuto.
Una città senza decoro e una città improponibile ad uno sviluppo e economico e culturale.
06Per l’ennesima volta voglio esortare l’amministrazione ad una gestione che sia garante della dignità e della memoria storica di un popolo.
Applicando dove sia necessario quegli interventi che mirano, ad una rivalutazione del patrimonio storico culturale, da tempo solo un lontano ricordo. E più opportuno rinunciare a manifestazioni natalizie, ed altro in questo particolare momento di grave crisi, e disoccupazione dilagante, e pensare a salvare il patrimonio artistico, per rilanciare l’economia, e il turismo motore trainante delle arti, e dell’artigianato che rese famosa, nel mondo Palermo, per il suo splendore.
La cultura dei pochi non si potrà mai misurare, con la cultura di un popolo, essa e grande in misura alla sua bellezza e all’arte, che rappresenta la memoria dell’umanità.
 
Aldo Di Vita
Recapiti:  aldo.divita@hotmail.it  cell. 3493967434

 29 novembre 2013


00001Cenni storici:
La rivolta della Gancia è un episodio del Risorgimento italiano che si colloca nell'ambito dei moti che interessarono la Sicilia prima e durante la spedizione dei Mille nel 1860.
Già il 3 aprile 1860, le colline del distretto di Palermo furono scenario di un primo episodio rivoluzionario. A Boccadifalco, infatti, sulle alture del versante che affaccia sulla valle di Badia, alcune bande armate fronteggiarono due compagnie del 9º battaglione del Real Esercito delle Due Sicilie. Dopo non poca resistenza, i rivoltosi furono sconfitti e dispersi.
La fiamma della rivolta, però, si accese in città, a Palermo, il 4 aprile, con un nuovo episodio rivoluzionario, anch'esso subito represso, che ebbe tra i protagonisti, sul campo,Francesco Riso e, lontano dalla scena, Francesco Crispi, che coordinò l'azione dei rivoltosi da Genova.
Quale centro delle operazioni fu scelto un convento di frati minori Osservanti, il Convento della Gancia, dove il Riso, da qualche tempo, aveva cominciato, con l'appoggio dei religiosi, ad ammassare armi e munizioni. Nella notte tra il 3 e il 4 aprile, i rivoltosi, una sessantina circa, si introdussero nel convento, dove attesero il mattino per dare inizio all'insurrezione. Alle 5, infatti, il suono a stormo delle campane della chiesa, che avrebbe dovuto fungere da segnale anche per i gruppi armati appostati sulle montagne, diede avvio ai primi colpi d'arma da fuoco. Il capo della polizia di Palermo, Salvatore Maniscalco, non si fece, però, trovare impreparato. Egli, infatti, informato il giorno prima da uno dei frati, Padre Michele da Sant'Antonino, aveva fatto appostare i militari borbonici del 6º Reggimento di linea nei pressi del convento. I soldati penetrarono nel convento soffocando sul nascere l'insurrezione: tra i rivoltosi si contarono 20 vittime, tra cui un frate. Francesco Riso, ferito, morì in ospedale. Altri 13 uomini furono tratti in arresto. Nei giorni successivi, in città, si fecero preoccupanti le avvisaglie di una nuova sollevazione e ciò contribuì a rendere esemplare la sentenza per i rivoltosi della Gancia: sarebbero stati condannati alla fucilazione come monito. Nonostante tutto, l'episodio della Gancia diede il via ad una serie di manifestazioni ed insurrezioni che interessarono in particolar modo l'entroterra siciliano.
Tredici furono le vittime della fucilazione avvenuta a Palermo presso l'attuale Piazza XIII Vittime (14 aprile 1860):
Andrea Cuffaro (anni 63)
Giovanni Riso (anni 58)
Pietro Vassallo (anni 40)
Cono Cangeri (anni 34)
Nicolò Di Lorenzo (anni 32)
Domenico Cucinotta (anni 31)
Sebastiano Camarrone (anni 30)
Liborio Vallone (anni 30)
Giuseppe Teresi (anni 28)
Calogero Villamanca (anni 24)
Francesco Ventimiglia (anni 18)
Michele Fanara (anni 15)
Gaetano Calandra (anni 34)
 
Sebastiano Camarrone, era ancora illeso dopo due raffiche, cosa che secondo le allora leggi di guerra, gli doveva garantire salva la vita. Ma non fu così. Avvicinatisi a lui, gli ufficiali borbonici, gli strapparono dal collo un crocifisso e un sacchettino con oggetti religiosi che teneva al collo, poi diedero l'ordine di sparare anche alla terza fila, che ultimò l'eccidio…
Da lontano, una folla di gente, probabilmente parenti dei giustiziati, urlava, ma non fu fatta avvicinare al luogo della strage. A causa dei proiettili ricoperti di cera, si sprigionarono delle fiamme che potevano ardere i corpi già defunti dei tredici, e allora vennero fatte avvicinare alcune donne con dei secchi d'acqua per spegnere il fuoco che rischiava di espandersi.
Per i cadaveri erano state preparate quattro casse di legno, dove vennero ammassati a tre a tre i corpi, ma nell'ultima dovettero introdurne quattro, per il numero dispari dei caduti. Infilato a forza anche l'ultimo corpo, col sangue che cadeva giù dai carretti dove furono caricate le casse coi tredici cadaveri, alle truppe napoletane fu ordinato di evitare il seppellimento a S.Spirito, in quanto per raggiungere quel cimitero, il corteo avrebbe dovuto attraversare in pratica tutta la città, col rischio di disordini.
Si decise allora di dare sepoltura ai tredici martiri al cimitero dei Rotoli, dove furono gettati in un carnaio comune. Fu solo 50 anni dopo, nel 1910, nel 50° anniversario dei fatti garibaldini, che il comune di Palermo riesumò le ossa dei tredici e le tumulò a S.Spirito assieme ai resti di Francesco Riso, uno dei capirivolta della Gancia, dopo un funerale che non era stato mai celebrato…
Tra le vittime fucilate quel giorno, c'era anche Giovanni Riso, padre di Francesco…
00000222Nel 1883, 23 anni dopo, fu eretto un obelisco, realizzato dallo scultore Salvatore Valenti, con incisi i nomi dei condannati di quel 14 A Nel 1883, 23 anni dopo, fu eretto un obelisco, realizzato dallo scultore Salvatore Valenti, con incisi i nomi dei condannati di quel 14 Aprile, ma che non si trova nel punto esatto dove avvenne l'esecuzione, in quanto la zona è stata stravolta e modificata nel corso degli anni, con l'abbattimento delle mura di porta S.Giorgio e la costruzione della piazza che si chiama appunto, piazza XIIl vittime… Una prima lapide, a ricordo dei caduti, era stata apposta al portale murato della chiesetta del Castello a Mare, poi demolita.
prile, ma che non si trova nel punto esatto dove avvenne l'esecuzione, in quanto la zona è stata stravolta e modificata nel corso degli anni, con l'abbattimento delle mura Una prima lapide, a ricordo dei caduti, era stata apposta al portale murato della chiesetta del Castello a Mare, poi demolita.

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