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I pediatri italiani lanciano un allarme: sono in aumento i casi di bambini di pochi mesi portati in ospedale per carenza di vitamina B12. Secondo numerosi esperti interpellati da "Repubblica", la causa è la dieta vegana: le donne non riuscirebbero a introdurre nel latte materno tutti i nutrienti necessari per una sana crescita dei loro figli. In particolare la mancanza di B12 (presente in carne, pesce, latte e uova) compromette la formazione dei neuroni, disturbi psicomotori e aumenta il rischio di contrarre l'anemia. Nel mirino anche il sistema nervoso.

Alessandro Ventura, direttore di pediatria all'Università e all'ospedale Burlo Garofolo di Trieste racconta un caso: "Il bambino aveva solo cinque mesi, era sonnolento e non reagiva agli stimoli. Abbiamo fatto tutti gli esami e solo dopo quattro o cinque giorni abbiamo individuato il problema: la dieta vegana della madre che lo allattava. Non ce lo aspettavamo".

Un altro avvenne nel 2005  e viene raccontato da Daniela Codazzi e Martin Langer (oggi all'Istituto Tumori di Milano): "Nessuno all'inizio si era accorto di quanto fosse grave il bambino. Il piccolo aveva dieci mesi, respirava male, accusava movimenti involontari e muscoli senza tono. Il cervello mostrava segni di atrofia diffusa. Tre anni più tardi, nonostante il ritorno a una dieta adeguata e la riabilitazione, c'erano ancora segni di ritardo psicomotorio".

E spesso il problema può arrivare fino in tribunale. Ad esempio quando i genitori si rifiutano di cambiare le abitudini alimentari dei figli. Al Meyer di Firenze nel luglio 2015 fu ricoverato un bimbo di 11 mesi incapace di stare seduto. Padre e madre, vegetariani, sono finiti sotto indagine per maltrattamenti. Il direttore di pediatria dell'ospedale fiorentino, Massimo Resti, spiega che "spesso i genitori sono in buona fede e correggono la dieta, ma può capitare di dover segnalare dei casi al giudice, il quale può arrivare a chiedere a un assistente sociale di essere presente ai pasti".

Infine un'altra causa di diete carenti possono essere le allergie inesistenti. Alessandro Fiocchi, responsabile dell'Allergologia al Bambino Gesù di Roma, spiega che "partendo da un test sbagliato, ci si convince che un bimbo possa avere una non meglio determinata intolleranza e si finisce con il togliere alimenti fondamentali come latte o uova". Maria Angela Tosca, responsabile dell'Allergologia al Gaslini, descrive l'esperienza con un bambino di dieci anni quasi cieco: "I genitori erano convinti che fosse allergico a tutte le verdure, latte, uova e pesce. Aveva una carenza di vitamine così grave da danneggiare il nervo ottico".