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Una delle porte della città è ricca di fascino e leggende.

  • Facciamo tappa a Palermo, per approfondire la conoscenza con una delle sue porte più famose.
  • Al di là del fascino della costruzione, c’è un altro fascino, legato ad alcuni aneddoti un po’ licenziosi.
  • Vediamo insieme di cosa si tratta, a partire da un po’ di storia.

La Porta Felice di Palermo è una delle tante porte della città: rappresenta l’ingressi dal lato mare al Cassaro, uno dei principali assi viari. Guardandola dalla costa, costituisce un paesaggio classico e ben noto. L’edificazione ebbe inizio nel 1582, per volere del vicerè di Sicilia, Marcantonio Colonna di Lanuvio, che la dedicò alla moglie, Donna Felice Orsini. Fu progettata dall’architetto Mariano Smiriglio e, alla morte del vicerè, riprese sotto il mandato del successore, Lorenzo Suárez de Figueroa y Córdoba, duca di Feria. I lavori si protrassero fino al 1637 durante il vicereame di Luigi Guglielmo I Moncada, duca di Montalto.

A impreziosire le facciate, le iscrizioni recanti i versi del poeta Antonio Veneziano:

«Felix Porta, cujus tantum annis superioribus extabant fundamenta.
Loquitur porta ad D. Felicem Marco felices nectunt dum stamina Parcae
Ambo felices dicimur a Siculis. Marco infelices truncant dum stamina Parcae
Ambo infelices dicimus a Siculis, Tolle mihi nomen, tibi, quod tua fata tulerunt
Nec mihi des nomen, quod tibi fata negant».

Le leggende

A rendere interessante la Porta Felice di Palermo, sono alcune storie un po’ piccanti che la riguardano. Si diceva, ad esempio, che la fontana della sirena, poco distante dal pilone di sinistra, avesse delle fattezze che ricordavano il volto e le movenze dell’amante del vicerè Marcantonio Colonna di Lanuvio, la bella Eufrosina Valdaura. Un dettaglio decisamente singolare, se si considera che alla porta era stato dato il nome della moglie dello stesso vicerè!

Nella porta non vi è una parte superiore e questo, naturalmente, ha alimentato delle dicerie. Il viaggiatore scozzese Patrick Brydone, ad esempio, ha scritto nel 1770: “La passeggiata ribocca di vetture e di pedoni. A fine di meglio favorire gli intrighi amorosi è espressamente vietato a chicchessia di portar lume. Tutte le torce si spengono a Porta Felice, ove i lacchè attendono il ritorno dei loro padroni e la intera adunanza resta per un’ora o due nelle tenebre, a meno che le caste corna della luna, mostrandosi ad intervalli, non vengano a dissiparle”. Continuando a citare Brydone, però, bisogna anche aggiungere una cosa: secondo lui la Porta Felice era la più bella d’Europa.

I palermitani, lasciandosi ispirare da quello che aveva scritto Brydone, cominciarono a dire che, oltre a quelle della luna, c’erano anche delle altre corna. Quelle dei mariti delle dame che frequentavano la passeggiata notturna alla Marina. Era, dunque stato necessario non costruire l’arco della porta, cosicché potessero passare senza rimanere impigliati con le corna causate dal tradimento.

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