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Pina, Maria, Patrizia sono solo alcuni dei nomi delle ricamatrici di Chiaramonte Gulfi, sulle cui mani si regge ancora la pregiata arte dello sfilato siciliano.

Amiche inseparabili con una passione in comune il ricamo, cresciute nella piccola ed elegante cittadina iblea, conosciuta come “Il balcone di Sicilia”, per via della sua vista panoramica, un colpo d’occhio che va dall’Etna fino al Golfo di Gela.

Negli anni queste donne forti e vivaci hanno assorbito i preziosi insegnamenti di Turidda Rosso, la maestra che ha insegnato loro tutti i segreti del mestiere (e alla quale è stato dedicato in questi giorni il museo dello sfilato siciliano), portando avanti una tradizione artigianale, che rischia di scomparire e che va invece preservata e tramandata alle future generazioni.

Maria Ravalli, ricamatrice (Foto di Alberto Mancarella – Bestudio)

Il punto Chiaramonte è stato riscoperto appena una ventina di anni fa dalla Signora Vita Firrincieli (premiata durante la serata con una targa) e non avendo un nome si è deciso di chiamarlo con il nome della città ragusana. È nato così il Punto Chiaramonte.

Viene realizzato utilizzando telati e reticolati intrecciati con più fili di lino e cotone, per dare vita a figure simili al chicco da caffè, da sistemare a croce o a rettangolo.

Foto di MediaLive

La tavola rotonda

L’occasione per parlarne è stata fornita dalla prima edizione della manifestazione “Punto (a) Chiaramonte”, che si è tenuta proprio in questi giorni a Chiaramonte Gulfi (RG), dal 15 al 22 dicembre, che si è conclusa giovedì sera con una tavola rotonda, nel meraviglioso Teatro Sciascia dedicato allo scrittore siciliano, alla presenza di esperti e giornalisti.

All’evento, gestito dall’agenzia di comunicazione MediaLive e dalla cooperativa Logos di Rosario Alescio, hanno partecipato lo stilista ragusano Fabrizio Minardo, i giornalisti ed esperti Nino Amadore de Il Sole 24 Ore, di Gaetano Mineo de Il Tempo e di Romina Ferrante di BlogSicilia e Donnaclick, il sindaco di Chiaramonte Gulfi Mario Cutello, il vicesindaco Elga Alescio e Alessia Gambuzza di Logos.

Elga Alescio, vicesindaco di Chiaramonte Gulfi (Foto di Alberto Mancarella – Bestudio)

Nel corso della serata sono emersi tanti temi, tra i quali la necessità di dare, a detta del giornalista Nino Amadore, un “valore alle cose che facciamo”, un valore non solo culturale, ma anche economico. L’obiettivo deve essere quello di far capire che questo mestiere ha un futuro e può realmente essere fonte di reddito.

Ecco perchè il sindaco di Chiaramonte Gulfi ha intenzione di proseguire sulla strada tracciata con questo primo evento e creare occasioni per fare networking, a partire dalla creazione di una sala laboratorio nel centro città, che dia ai turisti e ai giovani “la possibilità di apprezzare questa produzione artigianale”.

Si tratta di una vera e propria “patata bollente” ha sottolineato il giornalista Gaetano Mineo “nelle mani delle ricamatrici e dell’amministrazione. Se volete che questa manifestazione varchi lo stretto bisogna – ha aggiunto il giornalista – “occorre mettere un’anima in questo punto. Se riusciamo a unire l’amore di Turidda, la tecnica e l’identità del paese di Chiaramonte, questo messaggio, sia che arrivi in Oriente, che in Occidente, può essere veramente tra 5-10 anni veicolo di sviluppo socio-economico”.

Per farlo sarà necessario investire risorse, fare rete, creare occasioni di promozione e divulgazione, puntare su corsi di formazione, una scuola di antichi mestieri, ma anche sul turismo esperienziale e la moda.

Foto di Alberto Mancarella – Bestudio

L’eccellenza del ricamo nell’alta moda: una possibile via da seguire

Come ha spiegato lo stilista ragusano Fabrizio Minardo, tornato in Sicilia dopo la sua esperienza in Dolce&Gabbana “L’alta moda è molto diversa dal prêt-à-porter, dove vengono realizzati capi firmati in serie. Nell’haute couture parliamo di “pezzi unici, ogni vestito è un pezzo unico”, un’idea che si avvicina molto secondo lo stilista a quello che fanno le ricamatrici ed è qualcosa su cui insieme si potrebbe lavorare.

“In un’epoca in cui il prodotto seriale domina i mercati” – ha poi concluso Nino Amadore – si assiste a “una ricerca di prodotti siciliani non solo nel settore agroalimentare, ma anche nel settore tessile”. Pensiamo a Dolce&Gabbana, un’azienda che con la sua forza di marketing è riuscita a far amare e apprezzare il brand “Sicilia” in tutto il mondo, in una fascia di mercato medio-alta, se non altissima. “Certo la ricamatrice da sola non può essere protagonista di questo cambiamento, ma la ricamatrice insieme allo stilista” possono sicuramente tracciare una strada da seguire.

di Romina Ferrante

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