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01L’ ‘Opera dei Pupi’ è un tipo di teatro messo in scena da grandi marionette in legno, denominate appunto ‘Pupi Siciliani’ (dal latino ‘pupus’, ovvero bambinello).

Il ciclo delle storie di cui si ciba l’Opera dei Pupi, attinge agli scontri medievali tra Cavalieri e Mori; le sue origini risalgono probabilmente alla Spagna del Don Chisciotte ma le vicende riguardano il ciclo carolingio delle gesta di Orlando, Carlo Magno e i suoi.
Questa forma di teatro popolare nonché di spettacolo tradizionale, iniziò nel XIX secolo a Napoli e si diffuse presto in Sicilia, dove rimase attiva fino alla seconda metà del XX secolo. Oggi, qualche spettacolo si ottiene ancora su richiesta, o per rappresentazioni didattiche, mentre l’arte artigiana dei Pupi viene ricordata in diverse città, tra cui Randazzo, che hanno dedicato all’opera e ai Pupi edifici adibiti a museo, per l’esposizione di scenografie e marionette.

L’Opera dei Pupi è dal 2001 parte della lista dei Patrimoni Orali dell’Umanità UNESCO, ed è il primo Patrimonio italiano a entrare in tale lista.

Le opere venivano portate in scena con l’ausilio dei ‘cuntastorie’; individui che avevano il compito di raccontare le storie dei Pupi a puntate (‘cuntu’). Ispirandosi alla tradizione dei racconti carolingi, erano in grado di arricchirli con proprie espressioni e dettagli. Le loro storie venivano tramandate pressocché oralmente di generazione in generazione; ma furono loro a sancire il passaggio dell’Opera dalle piazze ai teatri. Con il tempo, l’Opera dei Pupi iniziò ad assumere un ruolo sociale e culturale, a rappresentare i sentimenti di una classe sociale. Insieme al cuntastorie, è da ricordare la figura del ‘puparo’, maestro artigiano che realizzava le marionette, dalla corporatura in legno (spesso di faggio o abete) fino ai vestiti dalle stoffe pregiate e dalle armature cesellate. Il puparo era anche colui che ‘faceva parlare’ la marionetta; l’attore insomma, che prestava la voce e che, in base alle vicende del personaggio di rifeirmento, sapeva come muovere correttamente il Pupo.

Il puparo si occupava anche della realizzazione, spesso, della scenografia del Teatro, che veniva realizzata in collaborazione con dei maestri pittori. La creazione dei personaggi non era mai lasciata al caso: ogni Pupo rappresentava un personaggio, e dunque un codice d’abbigliamento preciso e un corredo di espressioni appropriate, che venivano personalizzate sulla base della fantasia e dell’abilità dell’artigiano.
Dalle prime armature in cartone o stagnola, vengono realizzati degli esemplari con armature in metallo cesellato, foderati infine da gonnelle, manti, vrachi di stoffe sempre più elaborate, e preziose.

Ogni Puparo aveva le sue precise tecniche di lavorazione e d’intaglio, ma, a seconda della zona di appartenenza, il risultato finale poteva essere quello di un Pupo palermitano o di un Pupo di tipo invece catanese. Il Pupo palermitano presentava più perni nelle braccia e nelle gambe a costituire le articolazioni: era dunque più leggero e snodato, mentre il Pupo catanese era più rigido e pesante. Pupi ancora attivi in Sicilia sono Mimmo Cuticchio di Palermo, gli Argento, i Mancuso e i Greco, sempre per l’area di Palermo; i Crimi, Trombetta e i Napoli su Catania. In provincia, i Mangano di San Pietro Clarenza, i Pennisi, i Macrì e i Grasso di Acireale, e i Canino di Partinico. Ma vi sono Pupari anche in zone diverse da quelle di Catania e Palermo: come i Profeta di Licata (Agrigento), i Puglisi e i Vaccaro-Mauceri di Siracusa.

Gli spettacoli erano spesso di tipo interattivo: il pubblico vi partecipava infatti, tramite il lancio di oggetti o invettive in dialetto, per comunicare la simpatia o l’antipatia a questa o a quell’altra fazione, a questo o a quell’altro personaggio. I racconti raccoglievano il favore del popolo anche perché venivano mandati in scena con l’arricchimento di espressioni linguistiche tipiche del gergo dialettale. La tradizione siciliana dell’Opera dei Pupi proseguì fino intorno agli anni Sessanta circa.

Oggi, la più ricca collezione di Pupi si può ammirare al Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino e al Museo Etnografico Siciliano “Giuseppe Pitrè” di Palermo. A Messina, la Famiglia Gargano, ancora attiva, possiede una ricca collezione di Pupi e rari manoscritti di fine Ottocento.
Alla Marionettistica Fratelli Napoli, la cui azienda, ancora attiva, fu fondata nel 1921, è stato dedicato il Museo e teatro dei Pupi Siciliani “alla Vecchia Dogana”, di Catania. Presso il museo, è possibile visionare i più antichi esemplari di marionette, e di godere di spettacoli e laboratori didattici.

In provincia, ad Acireale, il Museo dell'Opera dei Pupi “Turi Grasso” ospita un’imponente collezione di Pupi di pregevole fattura. Inoltre, in centro città, è presente un Teatro dell'Opera dei Pupi dedicato a Emanuele Macrì, dove si tengono ancora spettacoli. Emanuele Macrì fu salvato da un terremoto dal puparo e amico di famiglia Mariano Pennisi; venne cresciuto e accudito come un figlio, a cui il mastro insegnò anche l’arte del puparo. Oggi è famoso in tutto il mondo per i suoi spettacoli.
Giarre è sede del museo-teatro dell'Opera dei Pupi. Gli spettacoli vengono realizzati su richiesta dei clienti, ad opera della compagnia Zappalà.

Il Comune di Caltagirone è custode, dal 1978, del Teatro-Museo dei Pupi siciliani, sito in via Verdumai. Restaurato e adattato, il teatro ospita oggi, oltre alla sala per gli spettacoli, una mostra dei Pupi della collezione di Gesualdo Pepe, uno dei primi pupari di Caltagirone, e un’esposizione di locandine e libri storici.
Nella città di Randazzo, sempre in provincia di Catania, sorge l’esposizione permanente dei Pupi del Museo Civico Vagliasindi. In una sala del Castello Carcere, sito della mostra, è collocata la collezione di 37 marionette appartenenti alla famiglia Russo, e scolpita tra il 1912 e il 1915 da Emilio Musumeci. Suddetti Pupi furono utilizzati per uno spettacolo che venne messo in scena alla presenza del Re Umberto II.

Particolarmente forte e sentita, era l’attività del puparo a Siracusa. In uno scantinato di via Mario Minniti, Francesco Puzzo costruì il suo primo pupo. Era il 1882, e fu lui a creare il teatrino Eldorado di via Maestranza. Il Puzzo creò successivamente il Teatro Bellini e quando morì, furono i figli Ernesto, Giuseppe, Luciano e Salvatore a prenderne in mano le redini. Ernesto Puzzo, tenne a battesimo il Teatro Eden, nel 1924, che ospitò il puparo catanese Giovanni Grasso. L'attività di Ernesto durò fino al 1947; i suoi Pupi vennero dati ad un puparo di Modica, mentre il materiale marionettistico fu rilevato dai Puglisi. Il fratello Luciano operò a Noto fino al 1937; i suoi Pupi furono ceduti agli imprenditori Andrea Bisicchia e Carlo Pulvirenti di Siracusa.

Nel 1978, i fratelli Rosario e Alfredo Vaccaro, con l'ausilio degli attori della locale Televisione Video Regione, iniziano la loro attività che segna la ripresa dell'opera dei Pupi nella città di Siracusa. Attivi e collegati ai Vaccaro, sono i fratelli Mauceri che oggi gestiscono, assieme ai Vaccaro, un Piccolo Teatro dei Pupi, oltre a una bottega e un museo.
Nella provincia di Siracusa sono attivi anche i Puglisi di Sortino, compagnia guidata dall'ultimo discendente dei Puglisi, Ignazio Manlio Puglisi. Tutto il materiale storico di appartenenza dei Puglisi, è conservato presso il Museo Civico dell'opera dei Pupi di Sortino "Fondo Don Ignazio Puglisi".

Autore | Enrica Bartalotta