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Relitto della Timpa di Acireale, svelato il mistero, ecco a chi appartiene

È stato identificato nella nave giapponese Taikosan Maru, affondata il 14 dicembre del 1917, il relitto subacqueo della Timpa di Acireale, da sempre erroneamente attribuito alla nave Terni, ex piroscafo francese Azrou, utilizzato dal 1943 dalla Regia Marina Italiana per il trasporto mercantile verso i porti nord africani.

Le indagini storiche, condotte con intuizione e perseveranza dal Cap. Andrea Di Mauro, le riprese e le prospezioni subacquee dell’Organizzazione di Volontariato Futuro Mare di Aci Castello, unitamente agli spunti desunti dalle interviste di alcuni anziani pescatori del vicino borgo di Santa Maria La Scala, hanno orientato l’indagine verso una nave a vapore giapponese costruita tra la fine dell’800 e gli inizi del 900, sgombrando definitivamente il campo dall’ipotesi che il relitto potesse riferirsi alla nave italiana Terni.

L’ipotesi, confermata dal copioso materiale documentario presente negli archivi dei Lloyd’s e dalla determinante collaborazione dell’Ufficio Storico Navale Giapponese di Tokyo, che ha inviato una corposa documentazione, definisce una vicenda che per anni si è nutrita di supposizioni e congetture.

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Probabilmente a causa dell’imprecisione dei dati di posizionamento desunti da erroneo rilevamento delle distanze e da coordinate incomplete, ovvero ”forzando” circostanze plausibili ai limiti delle loro oggettive probabilità – come la rotta verso terra per evitare l’affondamento e l’incaglio fin quasi ad Acireale – il siluramento della nave Terni da parte del sommergibile britannico Unison all’interno del golfo di Catania nel mese di giugno 1943 è stato sino ad oggi considerato l’evento storico collegato al relitto.

Come è stato possibile evincere da una dichiarazione del Comandante del porto di Catania datata 26 dicembre 1917, invece, il piroscafo giapponese Taikosan Maru è affondato alle 5,30 del 14 dicembre 1917 tra Capo Mulini e Santa Maria La Scala, nel punto esatto dove oggi si trova il relitto della Timpa, a seguito di una collisione avvenuta nel tratto di costa denominato Acqua Grande.

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Fonte della foto: jonioprodivecatania.com

”L’esito delle indagini – ha sottolineato l’assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà – ci dà oggi l’opportunità di definire una vicenda rimasta a lungo opaca. Per ricordare quel tragico evento e con l’obiettivo di dare adeguata visibilità e riconoscimento di un bene culturale sommerso, la Soprintendenza del Mare farà apporre sul relitto una targa commemorativa bilingue che verrà collocata dai volontari della ODV Futuro di Mare di Carmelo La Rocca e Mario Gangi”.

Su questo capitolo importante del cruento scontro tra gli imperi centrali e la triplice intesa, per quanto poco nota, la presenza fin dal 1917, di diciassette navi da guerra appartenenti alla seconda squadra e a tre unità cacciatorpediniere giapponesi di stanza a Malta, ha scritto pagine importanti, tra cui la scorta dei cosiddetti cinque ‘Grandi Convogli  che nel 1918, tra Marsiglia e Alessandria, trasportarono più di 100.000 soldati alleati per contrastare le offensive primaverili tedesche del 1918.

Il comandante di bandiera del comandante in capo della flotta britannica del Mediterraneo G.C. Dickens riferì allora all’ammiragliato l’eccellenza della marina giapponese, il cui rapporto tra il tempo in mare e quello in porto era il più alto che qualsiasi altra marina alleata durante la guerra; e proprio in relazione al riconoscimento dello sforzo navale e del sostegno avuto, nel 1918 fu costruito un memoriale presso le tombe di guerra del Commonwealth a Malta (Kalkara), per commemorare i marinai giapponesi caduti nel Mediterraneo.

”Se identificare un relitto subacqueo facendone riemergere la storia dalle nebbie del tempo, significa farlo ‘rinascere’ a nuova vita assieme alla memoria del contesto storico di cui costituisce testimonianza – hadetto la Soprintendente del Mare, Valeria Livigni – oggi possiamo affermare che ad Acireale è stato scoperto un relitto culturale subacqueo e che la fine del Terni può costituire un’affascinante e suggestiva prospettiva di ricerca”.

Redazione