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01Ribera è un comune siciliano della provincia di Agrigento. Oltre ad aver dato i suoi natali a Francesco Crispi, è conosciuto per essere la “Città delle Arance”. È inoltre parte del circuito internazionale delle ‘città slow’, ovvero un comune ‘del buon vivere’.

Di Ribera si hanno notizie fin dal Medioevo, quando il suo territorio circostante veniva ancora denominato con il termine di ‘Allava’, ovvero ‘Alba’, che in latino era anche il nome antico del fiume Verdura. Nella zona di Ribera scorrevano infatti diversi fiumi: il Verdura, il Magazzolo e il Platani, che l’avevano resa una terra rigogliosa e fertile.
A Ribera giungevano persino dalla vicina Caltabellotta per lavorarne i terreni, e furono i contadini infatti a dare vita alla protostoria della città, arricchendo le sue terre con piantagioni di uva, agrumi, riso, cotone, mandorli, olivi e grano e di diverse varietà di ortaggi e frutta.

Il borgo abitato però non nasce che nel XVI secolo; in particolare, la sua fondazione si fa risalire al 1635, quando il Principe di Paternò, Don Luigi Moncada decise di fare dei territori dell’Allava un feudo di sua intendenza dove i contadini di Caltabellotta potessero risiedere dopo il lavoro nei campi.
La città allora prese a svilupparsi da Piano San Nicola, in prossimità dell’odierno quartiere di Sant’Antonino, e fu solo una volta formatasi urbanisticamente, nel 1836, che prese il nome di Ribera, vocabolo che si pensa possa derivare dal termine spagnolo che indica un ‘bacino d’acqua’ o una ‘riviera’.

In realtà però la città fu battezzata dal principe per onore di sua moglie, Maria Afan de Ribera, figlia del duca di Alcalà.
Nel 1655, nel territorio di Ribera venne fatta edificare la prima chiesa, intitolata a San Nicola, Patrono della città, che i riberesi festeggiano, come da calendario liturgico, il 6 dicembre.

Nel secolo successivo, il feudo di Ribera passò ai successori della casata del principe, i quali avevano nel loro albero genealogico un collegamento diretto con gli Aragona, sovrani di Spagna.
Fu nel 1736, con Federico di Toledo Aragona Moncada che Ribera poté festeggiare la sua indipendenza da Caltabellotta e in più salutare diverse nuove annessioni: tutti i territori che si estendevano tra i fiumi Verdura e Magazzolo e infine tra Calamonaci e il mare sarebbero stati da quel momento di intendenza dei Moncada.

Nell’Ottocento, la storia del feudo inizia ad intrecciarsi, inevitabilmente, con i cambiamenti sociali e politici in atto a quel tempo. Nel 1841, il Comune riceve il riconoscimento di primo centro di produzione di riso della Sicilia e viene elevato a ‘Pretura di Terza Classe’. Con l’avvento dei Moti del 1848, anche a Ribera nacque un Comitato rivoluzionario; verrà guidato da Tommaso Crispi, padre di Francesco, il quale poi siederà presso il Parlamento Siciliano come rappresentante della città.

Dopo l’Unità d’Italia, a Ribera vennero bonificati i territori che misero fine alla raccolta del riso, materia prima che tanta fortuna aveva portato alla popolazione; popolazione che venne così salvata dalla malaria ma che disgraziatamente cadde in miseria.
Ribera era però ancora un latifondo legato direttamente ai signori di Spagna; dopo la Prima Guerra Mondiale, in ritardo rispetto al resto di Sicilia, i territori del duca vennero ceduti ad una cooperativa guidata da Antonino Parlapiano, il quale la diede in affitto ad altri consorzi ammanicati con le cosche mafiose; del fatto discusse anche Antonio Gramsci su “L’Avanti!”, nel 1920.

L’iniziativa diede però un impulso alla vita commerciale della città; le cooperative cittadine presero infatti il controllo dei campi, portando all’istituzione delle prime banche e del primo vero centro commerciale fondato sulla produzione degli agrumi, che oggi è coltivato per l’80% ad arancia bionda dolce Riberella D.O.P. Altro prodotto molto apprezzato sono poi le fragoline, che vengono coltivate in aprile tra le pesche e raccolte a mano in giugno, oltre ai mandarini e all’olio extravergine.
Fu soltanto però con la fine della Seconda Guerra Mondiale che Ribera si liberò definitivamente della sua condizione di latifondo.

La posizione strategica di Ribera, immersa in una valle lussureggiante e sopra un colle, fa sì che dalla città sia possibile dominare non solo il paese ma anche il mare.
Sopra di esso si trova infatti il castello di Poggiodiana, ormai in rovina, intitolato a Diana Moncada, figlia del principe di Paternò; la sua imponente torre alta 25 metri e larga 30 è uno dei simboli della città. Il maniero è una delle poche testimonianze del passaggio dei Normanni presso la cittadina; fu fatto edificare infatti nel XII secolo col nome saraceno di ‘Misilcassino’. Oggi di questa struttura è possibile ancora ammirare la torre cilindrica che svetta sullo stemma comunale, le alte mura perimetrali e la torre quadrangolare.

Particolarmente antica è anche la chiesa madre. Fatta edificare nel marzo 1751 e completata solo nel 1760 è un esempio unico di Rococò. Sui generis è poi la chiesa di San Nicolò di Bari, la più antica, perché venne fatta costruire secondo i precetti del Concilio Vaticano II: l’edificio presenta infatti un altare disposto al centro mentre presbiterio e aula non presentano sbarramenti; non è dunque presente un deambulatorio né una navata.

Tra le architetture civili, impossibile non visitare il palazzo del duca di Bivona. Nelle sue vicinanze è possibile ancora scorgere i magazzini del duca e all’interno, sulle pareti, sono visibili ancora parte degli affreschi: di particolare interesse è un dipinto che raffigura tutta l’araldica della famiglia Toledo. Una curiosità: i veri proprietari della residenza furono gli amministratori della Ducea; nonostante il palazzo fu eretto per il duca, nel XVIII secolo, non fu infatti mai abitato da questi.

Nella zona Sud si Ribera, a pochi chilometri dall’abitato, sono stati rinvenuti, nel 1982, i resti di un’antica necropoli dell’Età del Bronzo.
Presso la località di Borgo Bonsignore sorge la Riserva naturale orientata fiume Platani e terreni adiacenti; le aree legate alla foce dei fiumi Verdura e Magazzolo sono state riconosciute quali Sito di interesse comunitario. Luogo ricco di vegetazione mediterranea, la riserva è habitat naturale per l’airone cinerino, il gabbiano reale e l’airone rosso.
Tra i suoi pini e gli eucalpiti, anche formazioni di palma nana autoctona; presso il monte Sara è possibile trovare un’area attrezzata per pic-nic e attività ludico-ricreative e un lungo sentiero per gli amanti della mountain-bike.

Autore | Enrica Bartalotta

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