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Ecco perché Sant’Agata è anche un po’ palermitana

Nel mese di febbraio Catania celebra Sant’Agata, la sua amata Patrona, con numerosi eventi. Quando si pensa alla Santa, immediatamente viene in mente il capoluogo etneo, ma in realtà sussiste anche un legame tra lei e la città di Palermo. Quel legame ha a che fare con una pedata, un’orma molto particolare.

Ma cosa ha portato Agata a Palermo?

Negli anni tra il 250 e 251 d.C. Agata e la famiglia si videro costretti a lasciare Catania, a causa delle persecuzioni, trovando rifugio proprio a Palermo, nel quartiere del Capo, nella zona della “Guilla”. Agata fuggì da Catania anche a causa del romano Quinziano, che volev a farne la sua sposa. Gli emissari di Quinziano, però, la trovarono, costringendola al rientro.

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Fu a quel punto che avvenne un prodigio.

Quando Agata si accorse di un sandalo slacciato, poggiò il piede su un masso. La pietra accolse il piese ammorbidendosi e ricevendo eterno segno di quella pedata. Simbolicamente è il potere dell’innocenza sulla durezza della violenza. Si trattò dell’ultimo tragitto di Agata, che di lì a poco morirà. Patirà il martirio mortale, subendo la mutilazione dei seni che ne fonderà l’iconografia.

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La chiesa di Sant’Agata alla Pedata si trova a Palermo, in via del Vespro. Secondo fonti non verificabili, fu Ruggero d’Altavilla a farla edificare. Il masso con l’orma fu spostato in un luogo sicuro e divenne come una reliquia per la pubblica devozione.

Così, grazie a quella pedata, inizia un legame tra Palermo e Sant’Agata, che unisce idealmente la città anche a Catania, nel segno di questa figura così significativa.

Palermo proclamò Agata patrona della città insieme a Ninfa, Caterina e Oliva, prima che la peste del 1624 colpisse la città. In seguito sarà Rosalia, la Santuzza, a ricoprire il ruolo di primaria patrona.

Redazione