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01La Scuola Siciliana fu una corrente filosofico-letteraria che si sviluppò in Sicilia nella prima metà del XIII secolo, per volere di Federico II di Svevia. A essa si attribuisce l’introduzione del sonetto.

Federico II, incoronato Imperatore a Roma, da Onorio III, nel 1220. Egli era un uomo di origini nobili germaniche; molto colto, si dice conoscesse sette lingue, tra cui il volgare siciliano, che volle valorizzare promuovendo, quale noto grande mecenate del tempo, la nascita di una ‘Scuola’. La Scuola Siciliana non era una vera e propria scuola con impianto accademico, era più una corrente che riuniva sotto un determinato modo di affrontare la lirica, diversi poeti e notabili del tempo, provenienti da tutta Italia. La Scuola Siciliana si sviluppò presso la sua corte, tra il 1230 ed il 1250. Egli stabilì che il suo Palazzo sarebbe stato il luogo di incontro e fusione delle molte culture, che contribuirono, in maniera significativa, alla formazione di una nuova poesia, e dunque alla costruzione del patrimonio letterario italiano, ancor prima di Dante e del volgare toscano. Con la Scuola Siciliana, Federico II volle creare una nuova poesia, laica, che si potesse contrapporre al predominio culturale della Chiesa; un progetto quindi culturale e didattico, che vide il suo apogeo con la fondazione dell’Università Federico II di Napoli, primo ateneo laico d’Occidente.

I poeti di questa corrente letteraria appartenevano all'alta borghesia, ed erano tutti funzionari di corte, o burocrati, che lavoravano presso la corte di Federico. La produzione poetica era riservata dunque alla libertà dello spirito e non costituiva un lavoro.
I componimenti dei poeti della Scuola ci sono arrivati prevalentemente attraverso il manoscritto “Vaticano Latino 3793”, compilato da un copista toscano. Degli originali, è rimasto dunque soltanto un componimento intero, “Pir meu cori alligrari” di Stefano Protonotaro, e tre spezzoni: le ultime due stanze (versi 43-70) della canzone di Re Enzo “S'iu truvassi Pietati”, la stanza iniziale (versi 1-12) della canzone “Gioiosamente canto” di Guido delle Colonne, e un frammento di “Allegru cori plenu”, ancora una volta di Re Enzo.
Tra i più noti esponenti della corrente svetta Giacomo da Lentini. Nato appunto nei pressi di Siracusa, nel 1210, è considerato da tutti il capostipite della Scuola; a lui venne attribuita l'invenzione del sonetto. Altri poeti-notabili furono Cielo d'Alcamo, Pier della Vigna, Odo e Guido delle Colonne, Rinaldo d'Aquino, Arrigo Testa, a cui vanno aggiunti anche Compagnetto da Prato, Paganino da Serzana e Folco di Calavra.

I componimenti della Scuola Siciliana presero spunto dalle opere dei provenzali e dal Minnesang, componimento di lirica cortese di poeti e musici, generalmente appartenenti all'aristocrazia germanica del XII al XIV secolo. Eppure diverse sono le opere della Scuola che si distaccano già dalla poesia provenzale, sia nella forma che nello stile, presentando anticipazioni di esiti stilnovistici. La terminologia cavalleresca, rivisitata, portò al conio di nuovi termini italiani, rappresentati da una commistione di latino e provenzale; una lingua nota con il nome di ‘Siciliano Illustre’.

Alla morte di Manfredi di Sicilia, nel 1266, la scuola siciliana si scioglie. Grazie alla fama che aveva già ricevuto in tutta Italia, e all'interesse riscosso presso i poeti toscani, le idee e lo stile della Scuola venne in un certo senso ripresa e riadattata successivamente, da Guittone d'Arezzo e i suoi discepoli, i quali fondarono la cosiddetta scuola neo-siciliana.
Il tramonto della Scuola, già iniziato con la congiura di Pier delle Vigne a danno di Federico II, si concluse con le opere dei copisti toscani, che trasformarono certe parole più aderenti al latino, nel proprio volgare toscano. La maggior parte dei componimenti della Scuola, è infatti giunto a noi tramite loro; inalterato ci è stato tramandato invece il sonetto, quasi certamente opera del poeta di Lentini, base per tutta la poesia, italiana e internazionale dei secoli a venire.

Autore | Enrica Bartalotta