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RAGUSA – Un tumore al polmone scambiato per una broncopolmonite: è iniziato così il calvario di Irene Tilotta, 24 anni, deceduta il 9 maggio. A raccontare la sua vicenda è il fratello Massimiliano, in una lunga lettera inviata a siracusanews.it:

"Tutto iniziò lo scorso ottobre, quando mia sorella accusò dei dolori alla schiena assieme a una tosse orrenda. Chiamammo subito il dottore di fiducia che ci disse che molto probabilmente si trattava di una broncopolmonite, ma voleva esserne certo, e richiese una Tac. Andammo da un radiologo che disse che confermò la broncopolmonite, la curammo così, ma per 20 giorni nessun risultato. La ricoverammo per sapere farle fare accertamenti. Con tutti gli esiti in mano, chiamarono mia mamma. Io ricordo che ero uscito da scuola e stavo mangiando fuori dall'ospedale con mio padre quando, all’improvviso, a lui arrivò una chiamata. Si allontanò per parlare e ritornò in lacrime e mi disse: "Dobbiamo partire”.

Gli chiesi cosa fosse successo, mi guardò e disse : “Tua sorella ha i linfonodi”. Mi spiegò cosa fossero, corsi subito per le scale, trovai mia madre che piangeva abbracciata a una dottoressa. Corsi allora nella camera di Irene, mia sorella, e lei era lì, che si chiedeva cosa fosse successo. Non le dicemmo niente, solo che bisognava partire per Pavia. Alla svelta cercammo un volo diretto ma, era già tutto pieno, facemmo uno scalo, Siracusa – Roma – Milano. Arrivammo, e lì ad attenderci c'era un cugino di mio padre che ci accompagnò fino a Pavia. Arrivati in ospedale la ricoverarono al reparto di Ematologia, dove mi dissero di mangiare "pulito", così in caso potevo donarle sangue.

Nella mia mente era una cosa bella da fare, "una ragazza che mi ha dato tutto – pensai – la posso aiutare anch’io". Però un giorno, davanti alla sua camera, trovai un gruppo di medici. Corsi da mia madre e lei mi disse: “Ha un adenoma calcino maligno in stato avanzato”. Aveva lesioni in quasi tutti gli organi. La spostarono nel reparto Oncologico e ci dissero di iniziare la chemioterapia: i miei genitori inizialmente non vollero per evitarle sofferenze, ma i medici li convinsero e mia sorella fece due cicli di chemio, devastanti. Io tornai a Siracusa a vivere da zii. Il 10 dicembre mi chiamò mia madre e disse: “La chemio ha solo peggiorato la situazione, tua sorella sta male, i medici dicono che non arriverà a Natale. Con molti regali che amici e parenti mi diedero per Irene, partii partí da solo per Pavia, viaggio diretto. Esattamente il 23 arrivai e vidi lei, con i capelli corti e l’ossigeno, che dormiva. Mia madre si buttò tra le mie braccia e lei si svegliò con un sorriso che era un misto tra felicità e dolore.

Le feci aprire tutti i regali il giorno stesso. Mi fece un braccialetto con il simbolo dell'infinito uguale al suo, e io le regalai un disco dei Modà. Il 24 mattina uscì con mio padre per andare a prendere un anello nunziale, lo scelsi, lo impacchettai e tornammo all ospedale, aspettammo la mezzanotte e lei mi guardò male quando mi inginocchiai di fronte a lei e dissi "Irene Tilotta, vuoi sposarmi?” . Lei mi guardò sconcertata, e disse con un filo di voce di sì, mi avvicinai al suo orecchio e le dissi che questa situazione l'avremmo risolta (solo ora capisco quante illusioni mi ero fatto). Partii l'11 gennaio: me ne andai con un misto di malinconia e tristezza, andai dalla psicologica della mia scuola, uscivo sempre meno, finché il 16 febbraio, mia madre mi chiamò. “Stiamo tornando a casa”, mi disse e io mi irritai parecchio, mille domande e risposte che non le saziavamo. Irene arrivò il 26 a casa e mia madre sistemò tutto per la sua igiene.

Nel frattempo vennero molti parenti, fece fisioterapia, prese farmaci. Il 5 marzo feci il compleanno, e mi abbracciò fortissimo. La settimana dopo partirono per Perugia, dove dicevamo di poter dare una possibilità a mia sorella. Partirono di notte, io andai dalla solita zia. Mi sentii sempre con mia madre che mi parlava dei suoi miglioramenti, ma quando parlai con lei, Irene mi disse che si annoiava e che il mangiare faceva schifo. Negli ultimi giorni di marzo tutto peggiorò finché il 3 aprile alle 00:36 mi arrivò una chiamata, mia madre, in lacrime, che mi disse che dopo una giornata che mia sorella era stata male e non riusciva a respirare, i medici la portarono in sala rianimazione, con un coma farmacologico. Il polmone che funzionava si era smerigliato e non si sapeva se arrivasse a superare la notte. Caddi in uno stato di shock, in cui fissavo un punto di fronte a me".