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PALERMO – Stefania Bologna era capace di intendere e volere quando uccise il padre Francesco con 12 coltellate nella loro casa di Carini, in provincia di Palermo. È quanto afferma la corte d'Assise d’Appello, che ha condannato la 40enne a 10 anni. In primo grado era stata condannata a 15 anni di reclusione, ma i giudici non hanno riconosciuto l'aggravante della premeditazione.

"Non sopportavo più le sue angherie", disse ai carabinieri pochi minuti dopo aver ucciso il padre al culmine di una lite, nata dal rimprovero del genitore per aver trascorso troppo tempo al computer. Bologna davanti agli inquirenti ha ripercorso anni contraddistinti da divieti, liti furiose, continue urla e quella voglia di evadere che sarebbe stata soffocata giorno dopo giorno. E poi si sono aggiunti anche alcuni problemi di salute della donna.

Stefania aveva manifestato la sua scontentezza anni fa ai genitori quando con loro abitava allo Zen. Lì non voleva stare e nemmeno nelle case popolari di Carini dove il padre aveva trovato una sistemazione per allontanarla dalla città e farle cambiare aria. Lei aveva tentato il suicidio lanciandosi dal balcone. Prima di commettere l’omicidio, la donna era in cura al servizio di salute mentale di Carini.