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Un 40enne siciliano è finito in carcere "per colpa" di Facebook. Già, perché il divieto di comunicare che si applica ai condannati (domiciliari compresi) vale anche per l'utilizzo dei social network, in primis Facebook, in quanto può diventare mezzo intimidatorio "rafforzato dalle coloratissime emoticon" e dai toni "criptici".

A dirlo è la Cassazione, che ha confermato la revoca della detenzione domiciliare nei confronti di Gianluca G, indagato per azioni commesse ai danni di una vittima che sottoponeva a soprusi e minacce: aveva pubblicato su Facebook un messaggio che poteva essere letto in chiave intimidatoria verso l'uomo vessato dai suoi comportamenti.

Nei confronti dell'indagato è stata dunque applicata la custodia cautelare in carcere. L'uomo ha fatto ricorso alla Suprema Corte sostenendo che un messaggio sul social non è un fatto così trasgressivo da meritare l'aggravamento della misura detentiva, inasprendo i domiciliari con il rigore della cella.