Una notizia da leggere e condividere: la storia di una madre che ha perso il figlio e che viene trattata male dagli operatori dell’Asl, in un Sud Italia sempre più abbandonato e privo di personale qualificato agli sportelli pubblici. Ecco in dettaglio la storia che sta indignando il web.
Vuole restituire i farmaci del figlio ma l’Asl la caccia:
Una storia che fa riflettere e che tocca gli animi di chiunque. E’ la vicenda riportata stamani sul quotidiano “Il Mattino” che puntualmente pubblica la rubrica “Dillo a”. E’ in questa sezione che si legge la lettera di una madre affranta dal dolore che, poco più di un mese fa, ha perso il figlio all’età di 35 anni, a seguito di una terribile malattia.
La madre, nonostante negli ultimi mesi fosse stata provata per la terribile scomparsa del figlio, di recente avrebbe voluto compiere una buona azione, restituendo all’Asl i farmaci ancora integri del figlio, ben conservati e ancora con il cellophane. Farmaci importanti e costosi dal valore di circa 1.000 euro.
La signora, ha pensato che quei farmaci probabilmente non hanno salvato la vita del figlio, ma potevano tornare utili a qualche altro ragazzo alle prese con la stessa malattia. Quei farmaci avrebbero rincuorato qualche mamma, come le tante da lei incontrate, le stesse con le quali ha lottato per avere nell'immediato quei farmaci. Ma la risposta dell’Asl è stata cruenta e drastica:
“Li butti via! A noi non servono…”!
Ecco un breve passaggio della lettera che è apparsa oggi su “Il Mattino”:
- Poiché mi sento di essere dentro una bella persona, lunedì 22 settembre, verso le ore 13:15 passavo con uno dei miei cagnolini adottivi davanti alla Asl di appartenenza distretto n 50 Volla – in provincia di Napoli – dentro c'erano 4 o 5 scrivanie dove persone chiacchieravano. Io volevo solo dirgli che volevo restituire, invece di buttare via, tutti quei medicinali dai costi elevatissimi e i kit sigillati che non ero riuscita ad usare per mio figlio. E 'quello' il caposcrivanie, invece di ascoltarmi, mi ha cacciata fuori in malo modo, perché io avevo osato entrare in una struttura sanitaria con il cane, chiamandomi incivile. Sono uscita quasi in lacrime. Quando sono tornata a casa, ho raccontato tutto a mia figlia, che essendo una ragazza di polso ed una buona oratrice dato che lavora con il pubblico, è ritornata in quella stanza ed ha messo a posto con parole dure e sottili quelle persone ma il colmo è stato quando ha detto che io volevo solo rendere le medicine e le hanno risposto: 'Le butti, a noi non servono'.
Adesso giudicate voi!