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"Ci dobbiamo prendere il paese nelle mani". Dicevano proprio così. Le ultime indagini sulla mafia della provincia di Palermo hanno fatto scattare 33 ordinanze di custodia cautelare (24 notificate in carcere, 9 sono gli arresti di questa notte). Al centro dell'inchiesta, due storici mandamenti di Cosa nostra: quello di Trabia, diretto da Diego Rinella, tornato in libertà dopo avere scontato una condanna per mafia, e quello di San Mauro Castelverde, guidato da Francesco Bonomo, nel 2008 già arrestato e poi assolto per un vizio formale in un decreto di intercettazione.

Bonomo è ritenuto uomo di collegamento fra Palermo e Agrigento: è imparentato tramite la moglie (Maura Farinella) con la famiglia Capizzi di Villagrazia di Palermo e ha rapporti consolidati con la cosca di Ribera. "Collegamento", è questa la parola chiave della riorganizzazione mafiosa. I mafiosi utilizzavano un'altra espressione: "Tutta una cosa associata", questo volevano fare.

La mafia della provincia strozza imprenditori e commercianti, contando sul fatto che nessuno denuncerà. E se qualcuno prova a rialzare la testa, viene intimidito. Questo dicono le indagini del comando provinciale dell'Arma, guidato dal colonnello Giuseppe De Riggi. Così accadde nel 2012 a due imprenditori agricoli di Sclafani Bagni: subirono l'incendio di quattro trattori e di un bobcat parcheggiati all'interno di uno capannone dell'azienda.

Nessun imprenditore ha denunciato, nessuno ha mai parlato di racket. L'inchiesta del procuratore aggiunto Leo Agueci e dei sostituti Sergio Demontis, Siro De Flammineis, Bruno Brucoli ed Ennio Petrigni ha accertato quattro estorsioni in particolare: vittime un imprenditore che stava realizzando alcune villette in contrada Sant'Onofrio di Trabia, la ditta impegnata nei lavori di costruzione di una scuola a Termini Imerese e quella che sta ristrutturando l'ex cinema Trinacria di Polizzi Generosa, infine l'impresa che si è aggiudicato l'appalto per ristrutturare l'Ex carcere di Castelbuono.