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PALERMO – Quando ha gettato la figlia appena nata in un cassonetto della spazzatura, Valentina Pilato non era in grado di intendere e volere: si liberò di quel feto come ci si libera di "un oggetto pericoloso che la mente della madre si rifiuta di considerare un figlio". Questa la tesi di Francesco Bruno e Maria Pia De Giovanni, che hanno eseguito una nuova perizia sulle condizioni psichiche della donna, che il 24 novembre del 2014 gettò la bimba appena partorita in un cassonetto. 

Secondo il criminologo e la psichiatra, la donna ha un grave disturbo dell'umore, accompagnato da "vissuti dissociativi e paranoidei di tipo cognitivo anancastico". La condizione era presente al momento dell'infanticidio e del parto, avvenuto "dopo una rilevante negazione della gravidanza e di qualsiasi reazione affettiva ad essa legata". 

La perizia si è resa necessaria, poiché le due precedenti analisi erano contrastanti: secondo i consulenti del gip, la donna sarebbe stata capace di intendere e volere, poiché il dusturbo di adattamento che aveva non ne avrebbe inficiato la lucidità. I periti della difesa, invece, sono di parere diametralmente opposto. Inizialmente alla giovane mamma è stato contestato il reato di infanticidio, ma l'imputazione è stata modificata.

Valentina Pilato ha tre figli e, dopo il trasferimento del marito in Friuli, per motivi di lavoro, aveva lasciato Palermo. Il giorno prima del parto era tornata nel capoluogo siciliano con un volo, anche perché – ha raccontato – non sapeva di essere giunta già al nono mese, ma credeva di essere al settimo. Avrebbe nascosto la gravidanza al marito e pensava di riferirglielo dopo.