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È un’esperienza che pulisce il sistema, il cervello, l’anima, i polmoni”. Con questa frase intensa e diretta, Paul Fiddlesworth, insegnante di inglese arrivato dagli Stati Uniti, racconta la sua prima volta in Sicilia. È un incontro profondo, quasi spirituale, con la terra, la natura e una cultura antica, che si esprime attraverso gesti semplici: raccogliere le olive, ascoltare il suono delle campane degli animali, respirare un’aria diversa.

Nel suo racconto non c’è nulla di turistico o superficiale. È la testimonianza sincera di chi ha vissuto un’esperienza autentica nel cuore dei Nebrodi, in provincia di Messina, lasciandosi trasformare da un contatto diretto con la vita rurale.

Un incontro profondo con la Sicilia

È la prima volta in Sicilia ed è la prima volta che raccolgo olive“. Paul lo dice con il tono di chi ha appena scoperto qualcosa di prezioso. Abituato ai ritmi di città – è originario di Washington e vive oggi a Roma – si ritrova immerso nel silenzio dei campi, tra ulivi secolari, pietre antiche e animali al pascolo.

Lo scenario è quello di Mistretta, borgo montano di grande fascino e tradizione, dove ha vissuto un’esperienza che va ben oltre la semplice attività agricola.

È super bello, però è anche molto impegnativo. Ti devi inchinare su e giù, ma è anche divertente quando vedi battere e cadere tante olive per terra“.

C’è fatica, certo, ma anche entusiasmo, connessione con la natura, meraviglia. Un ritmo di vita diverso, che coinvolge corpo e mente.

Mistretta tra natura e silenzi: un sogno ad occhi aperti

“Ho fatto tantissime foto di questa zona vicino a Mistretta. È un sogno, un sogno questo!” Ogni dettaglio, per Paul, diventa un’immagine da ricordare. La campagna siciliana lo conquista con la sua bellezza silenziosa, fatta di luce, suoni e presenze autentiche.

Si sentono le campane delle mucche e delle capre che stanno intorno“. Gli animali non sono un semplice sfondo: sono parte della scena, protagonisti di una quotidianità senza tempo. Paul non racconta solo ciò che vede, ma ciò che sente e che gli resta dentro.

E in questo silenzio naturale, a un certo punto, si lascia andare anche al canto, intonando “’O Sole Mio”, quasi per gioco, quasi per gratitudine. Un momento spontaneo e allegro, che spezza la fatica con un sorriso.

Un sapore unico che ricorda il whisky

Uno dei passaggi più sorprendenti del suo racconto riguarda il gusto delle olive appena raccolte. “Pensavo, quando vengono giù dall’albero e hanno già le rughe e quindi le puoi mangiare sono buonissime! Hanno un sapore che mi fa pensare allo scotch, al whisky. Hanno quel sapore di brughiera che aggiungono nel whisky in Scozia. C’è quel sapore molto forte, buonissimo!”.

Il paragone è inusuale, ma affascinante. Il sapore forte e profondo delle olive gli ricorda le note torbate dei whisky scozzesi, quelli che sanno di legno, terra e brughiera. È un confronto sensoriale che unisce mondi lontani: Sicilia e Scozia, olio e whisky, ulivi e torba. La dimostrazione che il gusto può essere ponte tra luoghi, ricordi e emozioni.

Dal frantoio all’anima: il ciclo delle olive come viaggio interiore

Paul non si ferma alla raccolta. Vuole capire l’intero percorso delle olive: “Sono andato anche al frantoio, ho visto il processo di far diventare le olive olio e quindi capire il ciclo delle olive ed essere dentro il lavoro cambia l’esperienza sicuramente“.

C’è il desiderio di andare a fondo, di osservare da vicino la trasformazione del frutto in olio. Di partecipare davvero, con le mani e con la mente. Per Paul, questa immersione completa fa la differenza. Lo spiega bene anche quando riflette sul senso più profondo della fatica: “Sicuramente ho fatto un bel lavoro in palestra, un’attività fisica però anche a livello spirituale… ti senti riempito“.

Non è solo stanchezza fisica. È nutrimento interiore. Il corpo si affatica, ma l’anima si arricchisce. E in questo equilibrio tra sforzo e contemplazione, Paul trova qualcosa che non si aspettava: una forma di benessere che nasce dal contatto con la terra.

Nel racconto di Paul emerge anche un messaggio sottile ma profondo: in Sicilia ha trovato un altro ritmo. Non tutto deve essere sempre attivo, rumoroso, organizzato. C’è spazio anche per il silenzio, per il vuoto, per l’ascolto. A volte basta esserci, respirare, osservare.

È questo che lo ha colpito: la possibilità di rallentare, di riconnettersi con un mondo più autentico, fatto di terra, mani, silenzi. Un mondo che non ha bisogno di essere spettacolare, perché è già pieno di senso.

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