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Dalla musica alle Nazioni Unite, il cantante siciliano Giovanni Caccamo ha dimostrato grande talento e vesatilità. Da circa due anni, infatti, ha affiancato al suo impegno nel mondo della musica, quello sociale e civico, con il progetto “Parola ai giovani” (Manifesto for Change – Youth and Future). L’iniziativa è nata in Italia e si è poi estesa a livello internazionale, approdando all’inizio del mese di aprile del 2024 al Palazzo di Vetro dell’Onu. Lo scopo era presentare, insieme a decine di artisti da ogni parte del mondo, “Youth and future”, un concorso di idee rivolto ai giovani per creare un manifesto culturale sul cambiamento.

Intervistato da Vanity Fair, Giovanni Caccamo ha spiegato che non si sarebbe aspettato questa evoluzione della sua carriera con un ruolo “istituzionale”: “Mi sento come il rappresentante di classe di questo progetto, senza contare che tutto questo ha a che fare con qualcosa che fa parte anche del mio primo campo, ossia la scrittura, che è il mio centro. In questo mi sono sentito nel mio habitat, cercando di instaurare con i ragazzi un dialogo capace di eliminare le barriere e di non crearne di nuove. Creo ponti, e questo penso che sia bellissimo”.

Giovanni Caccamo

Parlando del concetto di cambiamento, ha aggiunto: “Le due parole di cambiamento della mia vita sono state morte e sogno. Quando mio padre è mancato mi sono confrontato con il fallimento, perché la morte dopotutto ci sembra questo: un fallimento. Avevo 10 anni, è morto il 13 maggio, il giorno della Madonna di Fatima, e ricordo che qualche settimana prima che morisse vennero a casa nostra delle suore che dissero a mia madre che la sofferenza di suo marito era un dono per la nostra famiglia. Mia madre le accompagnò fuori con la forza: questa frase è stata per tanti anni una pugnalata perché mi sono chiesto in che modo la sofferenza di un giovane padre potesse essere un dono. Poi ho letto un libro, Un altro giro di giostra di Tiziano Terzani, in cui l’autore dice che gli anni della sua malattia sono stati i più intensi e vivi della sua vita. Era il pezzo che mi mancava: la malattia lo ha obbligato a fare solo quello che realmente avevo voglia di fare, iniziando a frequentare solo le persone che realmente amava e potando tutti i rami secchi che si era portato dietro”.

Quel libro ha dato all’artista siciliano una importante consapevolezza: “Che il dono che mio padre mi ha lasciato è stato capire da subito che non era necessario aspettare che si accendesse un timer accanto alla mia testa per iniziare a vivere davvero, ma farlo da subito. Senza aspettare che arrivi la morte per ricordartelo”. Attraverso l’intervista, Caccamo ha rivelato di aver fatto pace con i dolori della sua vita, trovando nuovi spunti per l’azione. Un percorso che l’ha portato a un presente che lo vede come “ponte” tra le nuove generazioni e la cultura.

Quando gli viene chiesto quale sia il suo posto del cuore, però, non ha dubbi: “In Sicilia, dove vivono i miei nonni e i miei zii, circondati da mucche e galline: andare lì mi dà serenità e mi alleggerisce di tutti i pensieri futili e le zavorre che mi porto dietro”.

Foto: manifestoforchange.org – Foto in evidenza Marco Anelli © 2024

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