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Catena Fiorello, sorella di Rosario e Beppe Fiorello, ha affidato a Facebook un lungo sfogo, in cui spiega i motivi per i quali sarebbe stata esclusa più volta dalle trasmissioni televisive. “Dedicato ai padroni della tv e ai poteri che non contano nulla”, ha scritto, continuando così:

Oggi pomeriggio dovevo essere ospite di un programma in TV, era tutto confermato, poi all’improvviso QUALCUNO, chissà chi, ha posto un VETO. E’ accaduto sempre negli anni passati, ma io sono andata avanti a schiena dritta, come mi hanno insegnato i miei, non facendoci caso. Lo so che portare un cognome noto suscita nei più frustrati un livore sordo, una rabbia inspiegabile, dettata forse da una antipatia a pelle.

E, ancora, ha scritto:

Una presentarice in particolare, me la ricordo benissimo, una biondina apparentemente dolce e amante della natura, disse ai suoi autori che io ero troppo protagonista, e che lei preferiva che non andassi più nel suo programma. E poi i tanti altri che, avendo sullo stomaco (per invidia, è chiaro!) i miei fratelli, hanno sempre fatto pagare a me le loro masturbazioni mentali. Miserie su miserie. Di quelle volpi intossicate anche solo dall’odore dell’uva. Ripeto, di cose così potrei raccontarvene a iosa. In più, la mia colpa è stata sempre quella di non avere “padrini politici”, o amici del tale o della talaltra, che fanno la solita chiamata imponendo il mio nome. Voi a questo punto sarete tentati di non credere a ciò che scrivo, ma vi assicuro che in certi studi televisi (e questo NON E’ MAI ACCADUTO IN #MEDIASET, SOTTOLINEO PER ONESTÀ INTELLETTUALE) funziona così: la tal responsabile del programma FACENDO LA PADRONA, o il tale capo progetto in carica per oscuri motivi – decidono PER SIMPATIE PERSONALI, e USANO il loro piccolo potere per vendicarsi e divertirsi UMILIANDO le persone.

Allora ha ragione mia madre – “Questo cognome, figlia mia, a certuni li acceca proprio. Ma tu devi essere orgogliosa di portarlo, e se qualcuno ti fa la guerra, meglio così, vuol dire che ti temono e che vali qualcosa. Solo le nullità non danno fastidio”.

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