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 di Nando Cimino
 
Che la prostituzione sia sempre stata fonte di reddito non ci sono dubbi; come è
altrettanto vero che proprio per questo, qualche anno fa, alcune sentenze hanno
confermato che essa è effettivamente da considerarsi come una normale attività
lavorativa e che, come tale, il meretricio in Italia non può non essere assoggettato a tassazione. Ma questa, se mi consentite, non è proprio una notizia di prima mano; e lo conferma ciò che sto per raccontarvi e che si riferisce in realtà a qualche anno fa, quando a Palermo la tassa sulla prostituzione esisteva davvero. Bisogna in effetti ritornare indietro di circa cinquecento anni per scoprire, tra le vecchie storie della città siciliana, proprio quella che ci racconta di quando, il senato cittadino, decise di imporre una tassa proprio a coloro che esercitavano il mestiere più antico del mondo. A pagarla però non erano tutte; ma solo le “cortigiane”, ovvero quelle che oggi non esiteremmo a definire prostitute di alto bordo. Ne erano invece esentate le cosiddette “cassariote”; ovvero le tante povere donne che si prostituivano per strada solo per pura necessità, ed i cui già miseri guadagni, finivano spesso tra le mani di bande di sfruttatori. La gabella veniva chiamata “diritto della bacchetta” e la sua applicazione durò poco, avendo fallito alcuni degli obiettivi per cui era stata immaginata.