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Non tutti i siciliani sono tornati dal Nord Italia in piena emergenza Coronavirus. Sono tanti anche quelli che sono rimasti, per tutelare i propri cari. Tra di loro c’è anche Annarita Tallo, una docente di 35 anni siciliana, che ha scelto di rimanere a Milano.

Annarita ha scritto un lungo post su Facebook e ci ha raccontato la sua storia. Ecco cosa ha scritto: si tratta di una storia che è importante leggere, soprattutto in questo momento in cui i numeri continuano a crescere.

«Forse non è chiaro nonostante le vittime, nonostante le limitazioni, nonostante le pubblicità, gli appelli.
Sento ancora parlare di bisogni. Come se tutto fosse normale o peggio ancora come se questa condizione fosse un capriccio, uno sfizio di un governo che impone il suo potere. Allora io non ci sto. Ve lo dico che mi date fastidio.

Non ci sto perché voglio riabbracciare mia mamma senza alcuna paura. Non ci sto perché voglio tornare in Sicilia senza timore di far male a qualcuno. Non ci sto perché mi manca il mare e sognarlo ormai non mi basta più. Non ci sto perché rivoglio la mia moto, e perdermi con lei nelle strade di una Sicilia che so che mi aspetta.

Non ci sto perché rivoglio la fiducia rassicurante di un abbraccio, la liberazione delle serate trascorse davanti ad un buon vino, la fantasia dei sorrisi all’ incrocio di uno sguardo amico, di quando guardarsi già basta a dire tutto. Rivoglio la palestra e il cuore a mille, rivoglio i ragazzi a scuola e la loro confusione. Rivoglio le uscite e le cene in compagnia, rivoglio tutto come prima, senza alcuna paura.

Ed è proprio per questo che oggi ogni esigenza che si scontra con le prescrizioni del governo mi sembra una follia, un gesto omicida, un attacco alla vita stessa. Perché qui è della vita che si discute, è la vita che si protegge. Ogni altra esigenza diventa una minchiata. Uscire, allenarsi, camminare, prendere aria, tutte minchiate. C’è chi quell’aria che potete respirare anche solo aprendo la finestra non riesce più ad inalarla.
Forse non è chiaro. Non è chiaro nonostante le immagini, nonostante i trasferimenti da ospedali dove la sanità è sempre stata la migliore d’Italia. Cazzo.

Gli stessi ospedali che oggi sono al collasso, che non sanno più dove mettere gli ammalati situazione che rischia di travolgere gli stessi ospedali del sud di cui non vi siete mai fidati. A proposito, quelli costruiti in 24 ore… perché non li hanno fatti prima? Schifo facciamo.

Quella sanità martoriata, ridotta all’ osso che oggi è così importante. E mi chiedo: ma a che servono gli applausi, a che servono i ringraziamenti, a che serve che sti poveri cristi fanno il loro lavoro se ci sono persone ancora in giro che aumentano il rischio del contagio? Tutto devono chiudere, a chiave, pure la porta di casa vostra. E i problemi psicologici….dopo. Intanto siamo a casa ma siamo vivi, siamo stanchi, ma vivi, annoiati, ma vivi, frustrati, ma siamo vivi. Chiusi, serrati. E possibilmente senza lamentarci.

Riflettere, leggere, approfondire, ed aspettare, con coscienza e senso del rispetto. Riflettere, leggere, pregare, con pazienza e coraggio. Restare fermi, restare lucidi, negli obiettivi, nelle scelte, nel decidere quello che è essenziale. Io non ci sto.

E se devo denunciare lo farò. Con rabbia e disprezzo perché trovo irresponsabile chi agisce ridicolizzando la vita.
Siamo tutti sotto lo stesso cielo e per tornare a riprenderci la vita di prima tutti dobbiamo seguire le indicazioni del governo.
Tutti vuol dire tutti, guardate il vocabolario se non capite.

Denunciate se è necessario e restate a casa se volete che tutto torni come prima. Se avete davvero qualcuno che vi aspetta, un sogno da realizzare, qualcosa da fare, qualcosa in cui credete. State a casa. E se non volete farlo per voi stessi fatelo per gli altri, per far qualcosa di utile per gli altri. Stavolta fidatevi che serve davvero».

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