La Sicilia non smette mai di stupirci: quanto vi raccontiamo oggi, conferma questa affermazione. Facciamo tappa a Rodì Milici, nel Messinese, per parlare di un sito che ha tanto da rivelare. La Cupola Rosata è, secondo gli studiosi, una testimonianza dell’esistenza di un abitato sulla sponda del torrente Patrì. Durante alcuni scavi eseguiti nel 1989, gli esperti l’hanno completamente portata alla luce. Viene identificata con l’antica Chiesa di San Bartolomeo. Sarebbe il più prezioso reperto superstite dell’antica città di Rhodis (Solaria o Artemisia). Questa fu sommersa dalle acque del torrente, durante l’alluvione del 1582. La popolazione, in seguito, si insediò a monte, creando quello che oggi è l’abitato di Rodì Milici.
Gli strati superiori della vecchia chiesa rispecchiano l’archeologia medievale. Quelli inferiori, a livello del pavimento, si rifanno all’archeologia tardo-classica. La chiesa, di forma cilindrica, è sormontata da una cupola a sesto ribassato. La datazione paleocristiana si evince dalla tecnica della malta e dall’intonaco. Il territorio di Rodì Milici, interamente collinare, ricade nella valle del torrente Patrì (o Termini) che, al contempo, ne segna il confine naturale e amministrativo con Castroreale. La cittadina è adagiata sull’estremità occidentale dei monti Peloritani in prossimità della contigua catena dei Nebrodi. Ad ovest Rodì Milici è delimitata da un altro corso d’acqua, il torrente Mazzarà.