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cesti

L’arte dell’intreccio è antica come il mondo. Le prime testimonianze della produzione di cesti risalgono al Neolitico (se non anche prima) e questi manufatti rappresentavano delle vere e proprie opere di artigianato, nonché un’importante premessa per la nascita della tessitura. A proposito di Cestaio (o Panararu che dir si voglia): che fine ha fatto questa figura della tradizione?

La tradizione del cestaio in Sicilia, oggi

I cesti realizzati a mano oggi sono dei veri e propri oggetti da collezione: nel corso del tempo sono stati gradualmente sostituiti da contenitori realizzati in altri materiali, che li hanno "relegati" quasi totalmente al mondo dei souvenir. Se, infatti, inizialmente sono nati con una funzione unicamente pratica, ora si tende ad attribuire loro una funzione puramente estetica.

Nonostante tutto, l’arte dell’intreccio resiste ed in Sicilia u Panararu produce ancora svariati tipi di cesti, panieri e canestri realizzati rigorosamente in giunco, vimini e canna. Sono ben conosciuti i lavori di alcuni cestai, come Antonino Carbonaro, Giuseppe Gallo (con la sua bottega a Palazzolo) e “Don Luciano”: loro sono validi testimoni di questo rudimentale mestiere.

Tra i manufatti tipici siciliani ricordiamo cartedde (canestri di ridotte dimensioni), cufini (cesti di grandi proporzioni), panari, fasceddi, ed ancora mastreddi, cannizzi e cufinedda, tutti creati con l’ausilio di coltello, punteruolo e falcetto e tutti fondamentali per mantenere vivo il ricordo di questa antica arte.

Il cestaio: un mestiere destinato a scomparire?

Presenti in ogni angolo della terra con forme e tipologie legate ai differenti usi e costumi, i cesti vengono realizzati con materiali di natura soprattutto vegetale; oggi se ne contano anche alcuni realizzati con filo metallico, fibre artificiali o stampati in materiali plastici. Ma sono erbe (strame, paglia), corteccia, rami (vimini), foglie, fusti, canne (bambù) i veri “ferri del mestiere” per un panararu tradizionale che si rispetti.

In passato, l’arte dell’intreccio non si poneva come una vera e propria attività artigianale, piuttosto come un’”abilità” comune a molti contadini, che apprendevano nell’adolescenza e a cui si dedicavano tra una pausa e l’altra. Stiamo dunque parlando di una delle più antiche arti manuali praticate dall’uomo: un’arte avara di soddisfazioni, atta a connotare per lo più la cultura materiale di una data società e, soprattutto, destinata a scomparire.