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Giuseppe Tomasi di Lampedusa e la moglie Alexandra Wolff con Stomersee raccontati da Caterina Cadorna in “Un matrimonio epistolare”. La nota giornalista ha pubblicato un libro sui due coniugi e sulla loro storia. Giuseppe Tomasi, autore del Gattopardo, era sposato con la baronessa e nota psicoanalista Alexandra Wolff von Stomersee, detta Licy, che contribuì a introdurre Freud in Italia. L’opera era già stata pubblicata da Sellerio nel 1987 ed è ora riproposto in una nuova edizione accresciuta, nella collana “La memoria”.

Giuseppe Tomasi di Lampedusa e la moglie: la loro storia

Già dal titolo del libro si evince il contenuto. All’interno di quest’opera è possibile leggere delle lettere che i due si scambiarono nel tempo; un carteggio che disegna un ritratto sia di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, nobile siciliano, colto, grande lettore, poliglotta e goloso di cremolato di fragole e crema, sia della consorte, nobildonna baltica che viveva in un castello da fiaba in terra di Lettonia. Correva l’anno 1932 quando i due si sposarono nel 1932, ma trascorsero del tempo separati. Giuseppe nell’adorata casa di Palermo, lei nel castello lettone di Stomersee.

La moglie di Lampedusa non sopportava il caldo

Sembrerebbe essere noto che la moglie non adorasse le temperature alte tipiche della Sicilia e che i due comunicassero in francese. Lui non usava parole di affetto se non nell’intestazione o nel congedo e Alessandra anche era austera. Nelle lettere parlano di soldi, tasse, parenti, amici, letture, pranzi e di cani, che entrambi adorano. Giuseppe le racconta di Crab, cocker nero che divora pasta e broccoli a colazione:  “Il nostro Piccolo mangia magnificamente ed è grasso e grosso”. Il sabato a Crab “viene comprata della carne che divora fino al lunedì. Ogni tanto ha qualche pesciolino”.

Cosa c’è scritto nelle epistole tra Lampedusa e la moglie

Nella nota opera c’è anche una lettera che l’autore del Gattopardo indirizza all’amico Guido. Lì lo scrittore spiega i motivi che portarono alla nascita del suo celebre Gattopardo. Tomasi di Lampedusa inizia a scrivere il romanzo quasi per sfida, quando si accorge che i suoi tre cugini si danno da fare, e con successo, in campo artistico. Uno di questi parenti è il poeta Lucio Piccolo, apprezzato da Montale. Tomasi di Lampedusa rivela candidamente: “Benché io voglia molto bene a questi cugini debbo confessare che mi sono sentito pungere sul vivo: avevo la certezza matematica di non essere più fesso di loro. Cosicché mi son seduto a tavolino ed ho scritto un romanzo: per meglio dire tre lunghe novelle collegate tra loro”.

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