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Il vero incubo dei jihadisti dell'Isis sono le donne. In particolare, quelle donne curde che combattono nelle fila dell'Ypg, le Unità per la protezione della popolazione. I jihadisti credono che chi muoia in battaglia, ucciso da un nemico, conquisti così il Paradiso ma, se il colpo decisivo proviene da una donna, allora il combattente è destinato all'inferno.

In una recente intervista rilasciata alla Cnn (ripresa dall'Huffington Post), la guerrigliera turca Tehelden (nome che, nella sua lingua, significa "Vendetta"), ha sminuito il coraggio dei terroristi: "Pensano di combattere in nome dell'Islam – ha spiegato -. Credono che se siamo noi donne a ucciderli non vanno in Paradiso. Ci temono". Tehelden ha 21 anni e risiede nella piccola cittadina siriana di Al Houl, da poco riconquistata. Alle sue parole si aggiungono quelle di Efelin, 20 anni: "Se riprovano ad attaccarci qui ad Al Houl, non ne lasceremo vivo nemmeno uno".

Per gli uomini dell'Ypg, le loro colleghe donne sono delle "vere guerriere", in grado di sorprendere per il loro coraggio. Le donne peshmerga arruolate nell'esercito curdo sono circa 550 e sono madri, mogli, sorelle e figlie. Alla base della credenza secondo la quale un soldato ucciso da una donna non conquisterebbe il Paradiso, ci sarebbero i sermoni di alcuni predicatori salafiti affiliati all'Isis, che avrebbero detto ai soldati di non essere molto certi circa l'eventuale approdo "per chi dovesse essere ucciso in combattimento da una donna".