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Libero Grassi, chi era l’imprenditore siciliano ucciso dalla mafia per essersi rifiutato di pagare il pizzo. Biografia, dove è nato, come è stato ucciso, l’attività di opposizione alla mafia. Di cosa si occupava, l’omicidio e le indagini, chi sono i responsabili. Gli omaggi alla memoria.

Libero Grassi

Libero Grassi nasce a Catania il 19 luglio 1924. La sua è una famiglia antifascista e la sua nascita avviene poco più di un mese dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti. Viene chiamato così proprio in memoria del deputato socialista. A otto anni la famiglia si trasferisce a Palermo: qui studia fino alla maturità al liceo classico Vittorio Emanuele.

Nel 1942 si trasferisce a Roma, dove studia Scienze Politiche. Per evitare di combattere al fianco di fascisti e nazisti nella seconda guerra mondiale, entra in seminario con altri antimilitaristi e ne esce dopo la liberazione. Torna nel 1945 a studiare e si laurea alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Palermo (in quel periodo il governo fascista ha soppresso il corso di laurea in Scienze Politiche).

Sebbene aspiri alla carriera diplomatica, Libero Grassi prosegue l’attività del padre commerciante: all’inizio degli anni Cinquanta mette in piedi un’azienda a Gallarate, in provincia di Milano, con il fratello Pippo. si inserisce nell’ambiente della borghesia industriale milanese. Dopo l’esperienza a Milano, fonda una propria azienda a Palermo, che produce biancheria da donna, ha successo ed arriva presto a contare 250 operai.

La richiesta di pizzo e il rifiuto

Negli anni Sessanta, insieme alla moglie Pina Maisano Grassi, milita nel Partito Radicale e diventa un editorialista per diversi giornali siciliani. Entra poi nel Partito Repubblicano Italiano. All’inizio degli anni Ottanta viene preso di mira da Cosa nostra, che gli chiede il pizzo.

È in quel momento che Libero Grassi ha il coraggio di opporsi alle richieste di racket della mafia e di uscire allo scoperto, con grande esposizione mediatica; infatti, nel gennaio 1991 il Giornale di Sicilia pubblica una sua lettera sul rifiuto di cedere ai
ricatti della mafia:

“Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere. Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al ”Geometra Anzalone” e diremo no a tutti quelli come lui”.

L’11 aprile 1991 Libero Grassi è ospite in tv di Samarcanda, la trasmissione condotta da Michele Santoro su Rai3, dove cerca di spiegare la sua posizione: “Io non sono pazzo, non mi piace pagare, è una rinunzia alla mia di dignità di imprenditore”. La sua storia acquisisce rilevanza mediatica nazionale, ma non tutti sono dalla sua parte, facendolo anche sentire isolato.

L’omicidio e le condanne

Nonostante questo, Grassi va sempre avanti, esponendosi pubblicamente e credendo nelle sue idee. Purtroppo la mattina del 29 agosto del 1991, mentre si sta recando verso la sua auto per andare in fabbrica, senza la scorta personale che ha rifiutato, viene ucciso con quattro colpi di pistola a Palermo, alle sette e quaranta del mattino. Al suo funerale partecipa una grande folla.

Qualche mese dopo la morte di Grassi, il Governo emana il decreto-legge n.419, convertito in legge n.172/92, che istituisce il fondo di solidarietà in favore delle vittime di richieste estorsive e di usura. Avviene nell’ottobre del 1993 l’arresto del killer Salvatore Madonia, detto Salvino, figlio del boss di Resuttana, e del complice alla guida della macchina Marco Favaloro, che in seguito si pente e contribuisce alla ricostruzione dell’agguato.

Per Madonia arriva una condanna in via definitiva, anche al regime del 41-bis, e con lui l’intera Cupola di Cosa Nostra (sentenza del 18 aprile 2008). L’uccisione di Libero Grassi segna uno spartiacque nella strategia di Cosa nostra. Grassi non è né un magistrato, né un poliziotto, né un giornalista. È un imprenditore, che rivendica il diritto di non pagare il pizzo.

A Libero Grassi sono intitolati un istituto tecnico commerciale di Palermo, strade, piazze, aree produttive, associazioni antiracket e un parco. Lo Stato ha onorato il suo sacrificio con il riconoscimento concesso dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla legge n. 512/99 a favore dei suoi familiari, costituitisi parte civile nel processo.

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