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Calogero Zucchetto, chi era il poliziotto siciliano ucciso dalla mafia. Biografia e carriera: dove è nato, cosa ha fatto, quanti anni aveva quando è stato ucciso, come è morto. Le onorificenze e il ricordo.

Calogero Zucchetto

Gli amici lo conoscevano come Lillo, ma all’anagrafe Calogero Zucchetto. È nato a Sutera, in provincia di Caltanissetta, il 3 febbraio del 1955. Molto giovane ha scelto di arruolarsi nell’Arma, iniziando il suo apprendistato quando aveva 19 anni, nella prima rudimentale scorta del giudice Giovanni Falcone.

Era un ragazzo dinamico e intraprendente e nei primi anni Ottanta è entrato a far parte della Squadra mobile di Palermo, alle dipendenze di Ninni Cassarà (ucciso il 6 agosto del 1985). Zucchetto era un gran lavoratore e si è dedicato da subito alla sua missione con entusiasmo. Trascorreva notti intere nei luoghi in cui operavano i malavitosi dell’epoca, con agganci nel mondo della prostituzione delle sale corse e del mercato ortofrutticolo.

Carriera

Ha collaborato con Cassarà alla stesura del cosiddetto “Rapporto Greco Michele + 161″, che tracciava un quadro della prima guerra di mafia, iniziata nel 1981, e dei nuovi assetti delle cosche. Il documento segnalava in particolare l’ascesa del clan dei corleonesi di Leggio, Riina e Provenzano.

Calogero Zucchetto è riuscito a entrare in contatto anche con Totuccio Contorno, convincendolo a collaborare: le confessioni furono utilissime per la redazione del rapporto dei 162, una vera e propria mappa sulle famiglie mafiose di Cosa Nostra. È stato  uno dei primi agenti a giungere in via Carini, il luogo in cui il 3 settembre del 1982 è stato ucciso il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.

Spesso Zucchetto andava in giro in moto con il commissario Ninni Cassarà tra i vicoli di Palermo, in particolare nella borgata di Ciaculli, “feudo” di Michele Greco. Si riteneva che la zona fosse  impenetrabile, off-limits per la polizia. La presenza delle forze di polizia era vista come una “profanazione” di una “zona franca”, un affronto che Cosa nostra non poteva sopportare.

In uno di questi giri, Zucchetto ha incontrato Pino Greco detto “Scarpuzzedda” e Mario Prestifilippo, due killer al servizio dei corleonesi che lui aveva conosciuto quando non erano ancora schedati come mafiosi. I due, riconoscendolo, hanno evitato la cattura, ma l’episodio lo ha molto preoccupato, spingendolo a confidare i suoi timori ai colleghi.

Calogero Zucchetto

Calogero Zucchetto

Zucchetto conosceva molto bene il territorio palermitano e la periferia del capoluogo. Anche per questo, con il commissario Cassarà e altri colleghi ha preso parte ad una operazione che doveva portare all’arresto del latitante capo famiglia di Villabate, Salvatore Montalto. Da settembre ai primi di novembre del 1982, a Ciaculli, la squadra ha tenuto sotto stretta sorveglianza una villetta dove il latitante aveva trovato rifugio.

Chi ha ucciso Calogero Zucchetto?

Proprio “Lillo” era l’esperto ed è stato lui a riconoscere Montalto, catturato successivamente con un blitz il 7 novembre. Si sarebbe potuto salvare, se non avesse preso parte a questa operazione, ma lui voleva dimostrare che la mafia non gli faceva paura e che lo Stato era sopra tutto. Purtroppo la sua condanna a morte era già arrivata. La mafia ha deciso di eliminarlo pochi giorni dopo, il 14 novembre del 1982, in via Notarbartolo.

Stava per tornare a casa dalla sua compagna che, di lì a poco, avrebbe dovuto sposare. Due uomini, in sella a una motocicletta, gli si sono avvicinati, freddandolo con cinque colpi di pistola alla testa.  Il commando era composto da Mario Prestifilippo e Pino Greco, i due spietati killer che qualche giorno prima avevano visto Zucchetto aggirarsi in motorino nei pressi della villa di Montalto.

Come mandanti sono stati condannati i componenti della “cupola mafiosa” del tempo: Totò Riina, Bernardo Provenzano e Raffaele Ganci. Quando l’hanno ucciso, Calogero Zucchetto aveva solo 27 anni.  Per il suo encomiabile lavoro al servizio delle Istituzioni è stato insignito della Medaglia d’oro al valore civile. Dopo 10 anni, a pochi metri dal luogo in cui è stato ucciso Lillo, è stato collocato “L’Albero” di Falcone.

Lo Stato ne ha onorato il sacrificio, con il riconoscimento concesso a favore dei familiari, costituitisi parte civile nel processo, dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla legge n. 512/1999.

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