Il Monastero di San Nicolò Arena o Abbazia cassinese di San Niccolò l'Arena è un complesso religioso che sorge nei pressi del centro storico di Catania.
Il complesso si trova sotto la sovrintendenza dell’Arcidiocesi della città e del Comune, e comprende il monastero e una chiesa del Settecento. I lavori iniziarono già nel 1558 per volere dei monaci benedettini provenienti dalla città di Nicolosi, che ivi costruirono il monastero nel XII secolo, oggi in gran parte distrutto.
Il nome del complesso conventuale, che per via delle sue dimensioni di 210 x 130 metri viene ritenuto il più grande d’Europa, deriva dalla devozione dei monaci benedettini per San Nicola di Bari e dal termine dialettale ‘rena’, che indica la terra rossa di origine vulcanica, che ricopriva l’area territoriale sita nei dintorni del Vulcano.
Il complesso venne dunque costruito alla presenza del viceré Juan de la Cerda, duca di Medinaceli, a seguito della richiesta dei monaci, che presso il monastero della città di Nicolosi, venivano continuamente minacciati dalle colate laviche del Vulcano e dalle incursioni dei briganti.
Durante tutto il Cinquecento e nel corso del Seicento dunque, il complesso venne costruito, aggiungendo alla struttura elementi di sempre più particolare ricchezza e pregio; al 1608 ad esempio, appartiene il grande chiostro corredato da colonne in marmo bianco, e a qualche anno più tardi la realizzazione della monumentale fontana in stile Rinascimentale, posta al centro. Al di sotto di questo chiostro, si trovano i resti evidenti delle prime fondazioni, quelle originarie cinquecentesche, nonché ciò che rimane di una domus romana; di particolare pregio è poi la biblioteca universitaria, che prende posto proprio nei sotterranei.
A causa dell’eruzione del 1669, che lambì la città di Catania, il monastero venne in parte danneggiato e la chiesa, costruita alla fine del Cinquecento, distrutta; fu così che nel 1687 venne dato avvio ai lavori del muovo edificio religioso, su progetto dell’architetto romano Giovan Battista Contini.
Il terremoto del 1963 risparmiò la struttura in essere, ma danneggiò gravemente il monastero provocando anche la morte della quasi totalità dei monaci; i lavori dunque non proseguirono poi che diversi anni dopo.
Su progetto del messinese Antonino Amato, il complesso attuale iniziò a prendere forma intorno al 1702. Venne costruito un secondo chiostro, ad opera di Francesco Battaglia, con archi a tutto sesto e un folto giardino; il chiostro venne poi completato nel XIX secolo dall’ingegner Mario Musumeci, che vi aggiunse nuovi portici, a coprire gli altri tre lati e, al centro, il Caffeaos neogotico decorato con maioliche dipinte. Nell’XVIII secolo, molta importanza venne data alle decorazioni in pietra intagliata della facciata del monastero, mai completata: un’opera con bugne a punta di diamante e diversi elementi dello stile barocco, ad opera di Carmelo Battaglia Santangelo; i lavori di costruzione e ammodernamento del complesso, durarono per tutto il Settecento, con l'ampliamento a Nord messo in essere dagli architetti Francesco Battaglia e Giovanni Battista Vaccarini, attraverso la realizzazione delle sale comuni e di rappresentanza del convento.
Sempre dell’XVIII secolo sono i lavori interni dedicati al Refettorio Grande e all’antirefettorio, che accoglie i visitatori con un ricco complesso di colonne binate tuscaniche che reggono decorazioni in stucchi e sculture di putti, ad opera del Vaccarini. La grande cupola che oggi lo sovrasta, fu deposta qui nel 1981, dopo che fu rimossa per far posto all’osservatorio di astrofisica. Il Refettorio, di forma allungata, ospita un prezioso affresco del Giovanni Battista Piparo disposto sul soffitto, nonché un pavimento in cotto siciliano ricoperto di maioliche dipinte a mano, ristrutturate nell’ambito di riqualificazione dell’edificio, avvenuto nel Secondo Dopoguerra.
Intorno al 1840 si fanno infatti risalire gli ultimi interventi sulla struttura e in particolare sui chiostri, e con la fine del secolo la struttura passò, in seguito alla legge che aboliva gli ordini religiosi, al governo regionale. Per un lungo periodo, il complesso fu destinato a diversi usi: fu inizialmente sede di scuole e istituti tecnici, e di caserme; per un certo numero di anni fu anche sede del Museo Civico, poi spostato a Castello Ursino, dell'osservatorio astrofisico del Professor Pietro Tacchini, e del laboratorio di geodinamica di Annibale Riccò. Venne restaurato infine dal team del professore e architetto dell’Università di Catania, Giancarlo De Carlo, che si occupò di riportare ad antico splendore l’edificio danneggiato dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
Il complesso, diventato monumento nazionale con Decreto Regio del 15 agosto 1869, oggi ospita la Facoltà di Lettere e Filosofia e la facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università statale cittadina. Presso i locali del museo, della biblioteca e del refettorio piccolo si trovano invece le collezioni delle Biblioteche Riunite “Civica e A. Ursino Recupero”, nate a dagli averi librari dei benedettini confiscati nel 1866: un totale di circa 270.000 volumi tra manoscritti e pergamene, corali, erbari, libri rari e di pregio, e perfino stampe, disegni, giornali, periodici e foto. Di grande pregio è la cosiddetta Sala Vaccarini, in onore del suo creatore, che sulla porta indica la data del 1733; nella sua struttura rettangolare, disposta su due piani, prendono posto il ballatoio in legno scolpito, il pavimento in maiolica di Vietri e la volta, affrescata con il Trionfo delle Scienze, delle Arti e delle Virtù del Giovanni Battista Piparo.
Autore | Enrica Bartalotta