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monte pellegrinoFoto di M.M.Spina

A 429 metri d'altitudine del Monte Pellegrino, immerso in una natura selvaggia e rigogliosa, si erge il Santuario di Santa Rosalia (la patrona di Palermo), fondato nel 1625. Giuseppe Pitrè, preziosa fonte per usanze e leggende siciliane, narra che nel 1624, mentre la città era flagellata dalla peste nera, un cacciatore ritrovò casualmente le sue ossa nella grotta del Monte Pellegrino dove la Santa era spirata. L'Arcivescovo di Palermo, il cardinale Doriainsieme col Senato e coi notabili della città, salito al monte raccolse le sante reliquie che furono portate in processione la prima volta il 5 giugno 1625. Al passaggio della santa l'epidemia s'attenuò e i palermitani elessero a Santuzza come compatrona della città. La facciata seicentesca del santuario è addossata alla roccia e, in un'edicola, è sistemata una statua marmorea della santa. Si entra da un vestibolo a tre arcate poggiate su colonne tortili ove sono due altari di marmo; una delle tanti lapidi ricorda la visita fatta al santuario da Goethe nel 1787. Scrive al riguardo lo scrittore tedesco: “Giunti alla vetta del monte, dove questo forma come una nicchia nella roccia, ci troviamo di fronte ad una parete a picco alla quale la chiesa ed il convento sembrano appesi. L'esterno della chiesa non ha nulla di attraente; si apre la porta con indifferenza, ma già all'entrata si rimane colpiti dalla più grande meraviglia. Ci troviamo in un atrio, che continua per tutta la lunghezza della chiesa, e s'apre in direzione della navata. Vediamo le solite pile con l'acqua benedetta e qua e là dei confessionali. La navata è un cortile aperto, racchiuso a destra da rocce nude, a sinistra da una continuazione dell'atrio. È lastricata di pietra e un po' inclinata per agevolare lo scolo dell'acqua piovana; una fontanina scorre pressappoco nel centro”. Le pareti della grotta (profonda 25 metri) dove la santa pregava, trasudano acqua ritenuta miracolosa che viene raccolta da doccioni; scrive ancora Goethe: “La grotta per sé è rimasta intatta; ma poiché la grotta gocciola continuamente, occorreva mantenere il luogo asciutto. E ciò si è ottenuto mediante canali di piombo infissi alle pareti della roccia e variamente comunicanti tra loro. […] L'acqua viene condotta in parte dai lati, in parte dal fondo della grotta in un limpido serbatoio al quale i devoti attingono per guarire da tutti i mali”. L'illustre viaggiatore si sofferma anche sulla statua della santa realizzata nel Seicento dallo scultore fiorentino Gregorio Tedesco: “Una bella giovinetta mi apparve allora, al chiarore di alcune lampade tranquille. Sembrava come rapita in estasi, con gli occhi a metà velati, il capo mollemente abbandonato sulla mano destra, carica di anelli. Non potevo saziarmi di contemplarla, come se avesse avuto un fascino del tutto singolare. La veste di stagnola dorata imitava alla perfezione una stoffa intessuta d'oro. La testa e le mani di marmo bianco, erano, non dirò molto elegantemente stilizzate, ma tutta via così naturali, così seducenti, da far credere che ella respirasse e si movesse”. 

(Fonte: Wikipedia)