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CatturaGià a pochi giorni dal suo Pontificato, Papa Francesco aveva fatto un gran parlare di sé, di quanto fosse smaccata la differenza con ‘il Pastore tedesco’, di quanto fosse, anche lui come Giovanni Paolo II, un Papa del popolo.

E Bergoglio non si ferma denunciando le chiese «affariste».
«Ci sono due cose che il popolo di Dio non può perdonare: un prete attaccato ai soldi e un prete che maltratta la gente». È stata questa la conclusione del discorso di Papa Bergoglio alla popolazione; un vero e proprio anatema contro le chiese che richiedono un costo per poter godere dei sacramenti, con tanto di ‘lista dei prezzi’ appesa ed evidente.

Un indignazione del popolo che il Papa ha fatto suo e tradotto con le sue parole, definendolo uno scandalo; come quando da giovane entrò in una chiesa e seppe che una coppia voleva sposarsi ma la costrinsero a pagare due volte per quel servizio.
E Papa Francesco ha rincarato la dose, dichiarando che devono essere anche i laici a «sbattere in faccia al prete» un bel no, e denunciare l’accaduto, «perché la redenzione è gratuita», ha aggiunto, e Gesù non farebbe mai pagare per essa.

«Lo scandalo del commercio, lo scandalo delle mondanità», così ha definito il ‘traffico di denaro’ delle chiese: quello legato ai sacramenti ma anche alle offerte; e per ribadire il concetto, nella sua omelia Papa Bergoglio ha aggiunto il racconto del Vangelo in cui Gesù caccia i mercanti dal Tempio, a conferma che la chiesa deve essere un luogo di culto, e non di affari.

Un discorso che cade proprio all’indomani delle rilevazioni di Daniele Frongia, il grillino a capo della Commissione speciale per la razionalizzazione della spesa del Comune di Roma, che fa sapere che attraverso un calcolo approssimativo, la Capitale spende per il Vaticano ben 440 milioni di euro l’anno, tra esenzioni Imu e gli aiuti per la costruzione di luoghi di culto, oltre ai costi per la sicurezza straordinaria, come nel caso delle beatificazioni o delle canonizzazioni.

Spese pazze insomma. Eppure proprio in luglio, il Vaticano dichiarava un bilancio all’attivo di ben 10 milioni di euro; un risultato che dunque non spiega i 400 euro a famiglia regalati dal Comune di Roma. E sono proprio le spese per il personale ad essere la voce più gravosa del Bilancio Santo, un bilancio che per la prima volta nella storia della Santa Sede, lo IOR ha reso pubblico.

Chissà che adesso Papa Bergoglio non abbia in mente anche di far ridurre il suo di stipendio, come già accade da tempo in Parlamento ma senza grandi risultati. Una chiesa che ‘fa affari’ non è ammessa, e quindi anche il Papa in ottobre si è gettato sulla sua personale spending review, incontrando tutti i vertici delle società legate alla Santa Sede, ribadendo che i soldi servono per le opere di carità e non per far funzionare una macchina dirigenziale.

Un atteggiamento che lo ha reso ammirato e apprezzato anche dai più scettici, anche dai non credenti o praticanti. Una tendenza, che potrebbe essere la via, per la Chiesa, di recuperare quell’emorragia di fedeli avuta con Ratzinger. A conferma una lettera, di poco più di un mese fa, in cui un’anziana signora di Marghera scriveva al Papa dicendo di essere stata derubata di 54 euro; allora Bergoglio prende il libretto degli assegni e gliene rende 200: tanto per restare in tema di opere di carità.

Autore | Enrica Bartalotta