Sei persone arrestate a Palermo, tra cui un poliziotto, perché legate dal filo rosso della corruzione. Si tratta dell'agente Giuseppe Prestigiacomo; Piero Madonia, 45 anni, di Ballarò, pluripregiudicato per rapina e al momento detenuto agli arresti domiciliari all'Albergheria; Vito Leale, 54 anni, pluripregiudicato per rapina e stupefacenti e al momento detenuto nel carcere di Sciacca; Guido Riccardi, 31 anni, del quartiere Capo, pluripregiudicato per rapina e adesso detenuto nel carcere di Trieste; Rosolino Lo Iacono, 44 anni, del quartiere Villagrazia, pluripregiudicato per rapina e al momento detenuto nel carcere di Trapani; Deborah De Lollis, 47 anni, incensurata e moglie di Lo Iacono.
"PalermoToday" ricostruisce la vicenda: la banda era composta da "rapinatori specializzati in rapine a banche, poste e gioiellerie con la 'tecnica del buco'", mentre il poliziotto era "spinto dalla passione per il gioco d'azzardo e dalla necessità di fronteggiare le spese con la sua nuova compagna, oltre all'assegno di mantenimento per moglie e figli. Una necessità costante di liquidità per saldare il conto con l’agenzia di scommesse e recuperare qualche rata non pagata del mutuo". A Prestigiacomo, la talpa nelle forze dell'ordine, era stato chiesto di informare i rapinatori qualora ci fosse imminente pericolo di arresto. Ecco quanto si legge:
Prestigiacomo, fiutando un imminente pericolo grazie alle sue conoscenze sulle attività svolte dai colleghi dalla sezione Antirapina, contattò uno dei componenti della banda tramite vari passaggi di cellulare per bloccare un sopralluogo ritenuto rischioso. "Ora è arrivata la telefonata…e ha detto…'vieni subito a casa (Palermo ndr)'". Una chiamata che avrebbe salvato loro la pelle. Una garanzia che andava pagata bene, come spiegava un altro dei rapinatori, che parlava anche di 2-3 mila euro in caso di soffiate grosse. "Però, oggi…stiamo avendo i risultati come l’abbiamo avuti pure…perché ci ha detto…andate che voi non c’è niente…potete camminare cosa volete fare fate!”. D’altronde per quella banda di rapinatori aver stretto un accordo del genere con un poliziotto significava avere un grosso vantaggio. Ma quel denaro era speso bene, un vero e proprio investimento per la causa. "Minchia che sono benedetti questi soldi!", diceva Pietro Madonia. "Minchia..e niente hai detto! Siamo ricchi avendo uno così!", gli faceva eco un altro.
Nel periodo successivo a quelle intercettazioni, però, alcuni dei criminali sono stati bloccati prima di colpire una banca a Udine e le indagini sono passate dal Friuli a Palermo. I parenti di alcuni degli arrestati, adottando una strategia comune per autotutelare la banda, hanno cercato in qualche modo di convincere gli investigatori che la storia di avere una talpa fosse una montatura, una "carta" giocata da uno dei rapinatori per tirarsi fuori dal prossimo piano. "Si vantava (di avere questa conoscenza ndr) perché se ne voleva andare…tutto qua! In effetti se ne voleva andare e lui per andarsene gli ha detto così”, commentano alcuni dei familiari anch'essi intercettati. Ma quell’informatore, pronto a violare i segreti investigativi anche per 100 o 200 euro, c'era realmente. Prestigiacomo infatti andava spesso in casa di Madonia e Lo Iacono, nonostante fossero assenti, per "prelevare" qualche banconota. Una prassi ormai consolidata che arrivava a creare pure dissapori tra i componenti della banda e le loro donne.
"Passa la mattina, mezzogiorno e sera…Suona due volte…tototontototon… gli ho detto ‘chi è?’, ‘maa..niente ha lasciato detto per me?’. Gli ho detto ‘no niente…’. Ma che! Tre volte al giorno! Minchia che cazzo ne fa? Se li spara?", chiedeva la moglie a Rosolino Lo Iacono. "Se li spara! Glieli fa mangiare a quella pu***! Perché quello mi spiegava, con lo stipendio gli passa tutto il mantenimento a sua moglie e ai suoi figli”, gli rispondeva il marito ricordando poi quella conversazione: "E a quella te la devo campare io? Perché – gli chiedeva – ce la corichiamo assieme?". Richieste e mazzette immortalate da cimici e telecamere piazzate durante le indagini della Squadra Mobile, guidata da Rodolfo Ruperti, e dalla sezione Anticorruzione con a capo Silvia Como, che hanno ripreso con le telecamere anche un altro agente il quale probabilmente conosceva bene il microsistema di cui faceva parte Prestigiacomo ma che, ad oggi, non risulta indagato.