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È entrata in vigore lo scorso 25 novembre la normativa comunitaria 2013 che impone per pizzerie, ristoranti, mense e tavole calde, l’utilizzo di nuove e speciali bottiglie che evitano il rabbocco dell’olio. Ma a monte scarseggiano e questo significa 8.000 euro di multa per i trasgressori.

È un gatto che si morde la coda: la voglia di ‘beccare’ i contraffattori di olio extravergine d’oliva da una parte, fa a cazzotti con un problema che affligge la soluzione: le bottiglie antirabbocco non si trovano, ovvero quei contenitori nuovi, approvati dalla Legge europea 2013, che impediscono il ‘refill’ dell’olio d’oliva.

E se non si trovano perché la loro copertura non è ancora totale sul territorio, nel momento in cui scatteranno i controlli, saranno i ristoratori e i gestori di bar, tavole calde e mense a subirne le conseguenze. Perché la punizione prevista è una multa di ben 8.000 euro più la confisca del prodotto.

Una questione che sta tenendo sveglio anche il presidente provinciale della Fipe Confcommercio Dario Pistorio: «gli operatori del comparto manifestano grande preoccupazione poiché stanno riscontrando che le nuove bottiglie non si trovano in commercio e hanno quindi difficoltà ad adeguarsi alla nuova normativa. E visto l’intensificarsi dei controlli nei locali pubblici temono le sanzioni previste per legge».

Le bottiglie con la nuova capsula non soltanto proteggono il consumatore dalle truffe, garantendo che quello che andrà a consumare è un prodotto ‘made in Italy’ di qualità, ma anche e forse soprattutto i produttori; quelli locali, che ogni anno investono denaro e sudore nel garantire ai propri clienti un olio rigorosamente italiano.

Ma spesso e volentieri, come ha dichiarato Pistorio, il problema non è a valle, nei locali pubblici, bensì a monte, tra i produttori, i quali in questi giorni stanno facendo anche loro fatica a trovare le nuove bottiglie con la nota capsula. «Se gli accertamenti devono essere fatti che si facciano su tutta la filiera perché l’olio, tante volte, è contraffatto a monte prima che arrivi ai ristoratori».

Gli operatori chiedono dunque una tregua, un tempo per potersi adeguare ai cambiamenti, e nel frattempo richiedono controlli su tutta la filiera dato che basta una mela marcia a farne marcio tutto un cesto.

Ed è neanche di un mese fa la notizia che a Salerno i Nuclei Antisofisticazioni e Sanità hanno sequestrato ben 700 bottiglie di finto olio extravergine d’oliva. Un prodotto che finiva sui banchi e gli scaffali dei supermercati a prezzo raddoppiato in quanto definito “tipico locale”, ma che in realtà era una miscela d’olii provenienti da bottiglie della grande distribuzione: 1.600 litri d’olio sono finiti nei depositi dell’Arma assieme al kit di travaso e a mangimi per animali da cortile tenuti in condizioni igieniche vergognose; alcuni erano anche scaduti.

Come smascherare allora gli olii fraudolenti?
Innanzitutto, bisogna diffidare dei prodotti low-cost e poi: prendere un aereo e andare a Zurigo.
L’ETH, ovvero il Politecnico della cittadina svizzera, ha infatti da poco messo appunto un metodo scientifico anti-truffa per stabilire se un olio è contraffatto oppure no.
L’olio d’oliva è infatti il prodotto italiano che viene maggiormente contraffatto, e la questione è talmente grave che è giunta persino alle orecchie dei giornalisti d’Oltreoceano. Recentemente infatti il New York Times ha realizzato un’inchiesta secondo cui il 69% delle bottiglie importate sarebbe olio extravergine d’oliva adulterato.

Ma i ricercatori svizzeri del dipartimento di Chimica e Bioscienze applicate hanno scoperto come fare per capirlo: in pratica si inserisce una porzione di DNA nelle bottiglie d’olio, prima che queste vengano vendute, incapsulato in microsfere; una sorta di ‘targa dell’olio’ che, una volta ‘letta’, sarà in grado di stabilire se il liquido è quello dichiarato e se contiene le caratteristiche necessarie per essere definito olio extravergine o se, invece, è stato allungato e addizionato. Il metodo funziona anche con i ‘ritocchi’ al carburante.

Autore | Enrica Bartalotta