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Prosegue il fuoco americano contro l'Isis a Sirte. I primi 7 raid aerei della "missione di 30 giorni" autorizzata da Obama hanno colpito la roccaforte dei jihadisti in Libia, distruggendo blindati e depositi di armi, mentre a terra prosegue l'avanzata delle milizie in una sorta di accerchiamento a tenaglia. Intanto mentre Mosca e Tobruk si dicono contrarie ai bombardamenti degli Stati Uniti, Roma valuta l'uso di Sigonella. Ieri sera a Bengasi in un attacco suicida con autobomba sono morti decine di soldati delle forze di Haftar, legate a Tobruk. L'attentato è stato organizzato dalle milizie del Consiglio della Shura dei rivoluzionari, un gruppo di islamisti vicini ad Ansar al Sharia.

A 24 ore dal lancio delle prime bombe americane, su richiesta del governo di Tripoli, la Libia torna a essere il centro del "risiko" mondiale. Mosca e Tobruk giudicano "illegali" i raid in quanto "serve una risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu". Ma il Palazzo di Vetro ribatte a stretto giro che sono in "linea con la risoluzione delle Nazioni Unite". Obama, intanto, rompe il silenzio: "Vogliamo la stabilità della Libia", dice il presidente Usa riferendosi anche alla crisi dei migranti e ribadendo come l'intervento sia stato deciso anche per una questione di sicurezza nazionale e per aiutare i libici a "finire il lavoro" nella lotta all'Isis, adottando lo stesso approccio usato in Iraq e Siria.

"Valuteremo se ci saranno richieste, naturalmente se prenderemo decisioni ne informeremo il Parlamento", precisa, in seno a Sigonella, Paolo Gentiloni, giudicando "molto positivo" l'intervento Usa. In una telefonata con Sarraj il titolare della Farnesina conferma poi la disponibilità dell'Italia a fornire assistenza sul piano umanitario e sanitario, e il premier libico lo ringrazia per il sostegno. L'Egitto, che sostiene il generale delle forze armate Haftar legato a Tobruk, fa invece sapere di essere solo stato "informato dei raid dagli stessi libici".

Intanto sul terreno a Sirte è guerra aperta. Gli Stati Uniti hanno lanciato "almeno sette raid", riporta la Fox in linea con quanto hanno scritto su Facebook le milizie al Bonyan al Marsous, i cui leader militari hanno incontrato Sarraj insieme ai suoi due vicepresidenti. Sul tavolo anche i recenti "progressi ottenuti dalle milizie nella zona degli scontri". 

Un riscatto pagato però a caro prezzo con la morte nelle ultime 24 ore di almeno "5 miliziani" e di "20 feriti". Dura è la resistenza che oppongono i combattenti Isis, composti per lo più da cecchini, ben posizionati sui tetti dei palazzi e armati fino ai denti. Esemplare in tal caso è il centro Ouagadougou difeso strenuamente dai fondamentalisti e da diverse settimane sotto il fuoco dei miliziani che non riescono ad espugnarlo o a distruggerlo.

E poi le mine disseminate per le strade oltre ai vari attacchi suicidi compiuti dai seguaci di al Baghdadi che tengono testa a ogni tentativo di avanzata verso il centro. E non è escluso che i raid Usa abbiamo proprio colpito l'area dove sorge il Palazzo conferenze, per sfiancare la resistenza e mettere in un angolo i terroristi.