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Un assegno di 485 euro a cui potranno accedere anche le famiglie che possiedono piccole proprietà immobiliari, se prive di reddito. Che si continuerà a percepire per qualche mese anche dopo aver trovato lavoro, in modo da non essere disincentivati dal cercarlo. E una misura che dovrebbe aiutare gli enti locali a mettere in piedi dei servizi di formazione e collocamento, stanziando risorse finanziarie certe. Comincia a prendere forma il reddito di inclusione (Rei), l'intervento contro la povertà approvato dal parlamento e per cui il governo è chiamato entro maggio a scrivere i decreti attuativi.

Un lungo articolo di "Repubblica" spiega i punti essenziali. Il primo punto riguarderà i criteri di accesso. Il precedente Sia veniva assegnato solo sulla base dell'Isee, con un tetto (molto basso) a 3.000 euro. I decreti attuativi del Rei invece introdurranno una doppia soglia: accanto all'Isee, il cui limite dovrebbe essere portato a 6.000 euro, verrà considerato anche il reddito disponibile delle famiglie, attraverso un valore che si chiama indicatore della situazione reddituale (Isr), per cui il tetto verrà fissato a 3.000 euro. Del resto l'Isr indica con più precisione l'effettiva disponibilità nel portafogli delle famiglie, scontando per esempio eventuali affitti pagati che spesso variano molto a seconda della zona di residenza. 

Il reddito disponibile influirà anche sull'ammontare dell'assegno mensile, che aumenterà al crescere dalla differenza tra l'effettiva disponibilità delle famiglie e la soglia limite di 3.000 euro. Più un nucleo si distanzia da quel valore, più ingente il sostegno, che verrà poi commisurato anche alla dimensione della famiglia e alla presenza di minori o disabili. In ogni caso in questo primo anno l'ammontare dell'incentivo non supererà i 485 euro al mese (lo stesso importo dell'assegno sociale per gli over 65). Le risorse stanziate sono di 2 miliardi di euro per il 2017, che bastano a coprire solo un terzo delle famiglie italiane sotto la soglia di povertà. 

Altra novità rispetto al Sia è che le famiglie continueranno a ricevere una parte del Rei per qualche mese anche dopo essere risalite sopra il tetto di reddito. L'accorgimento nasce per evitare la cosiddetta "trappola della povertà", disincentivare i nuclei che percepiscono l'assegno a cercare lavoro per paura di perderlo. La particolarità del Rei infatti dovrebbe essere proprio quella di passare dalla logica dell'assistenza a quella del reinserimento sociale e lavorativo delle famiglie. La novità è che il governo ha accettato di destinarne una parte, non meno del 15%, al potenziamento dei servizi di "presa in carico" gestiti dai Comuni. Le amministrazioni più piccole saranno spinte a gestire la misura insieme, creando consorzi o aziende speciali dedicate. A questi verrà affiancata una struttura nazionale incaricata di fornire agli operatori locali strumenti e formazione e un sistema di monitoraggio che già dal 2017 valuterà l'efficacia dello strumento.