Siciliani

Renato Guttuso, vita e opere del pittore siciliano tra arte, impegno e politica

Renato Guttuso biografia e opere del grande pittore siciliano. Dove è nato, quali sono i suoi quadri più famosi e dove è possibile vederli . Un’artista dallo stile unico e inconfondibile.

Renato Guttuso

Guttuso nasce il 26 dicembre 1911 a Bagheria, in provincia di Palermo. Il padre Gioacchino, agrimensore di professione ma acquarellista per diletto, e la madre Giuseppina d’Amico, preferiscono registrarlo a Palermo il 2 Gennaio 1912. Una scelta derivata da un contrasto con la città a causa delle loro idee liberali.

La città natale è molto importante nella formazione del pittore. È qui che, giovanissimo, entra in contatto con il mondo della pittura. Bagheria, inoltre, continuerà a fornirgli per tutta la vita uno straordinario repertorio di immagini e colori.

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Le prime opere

Già dal 1924, appena tredicenne, comincia a firmare e datare i propri quadri, piccole tavolette in cui, per lo più, copia i paesaggisti siciliani dell’Ottocento. Tra questi va ricordato Golfo di Palermo (1925), dove usa le venature del legno per raccontare le onde del mare. I suoi modelli sono comunque più vari.

Ritroviamo i francesi, come nel caso dell’Angelus di Millet (1926),  su una tavolozza che mantiene ancora la forma originale, e i pittori contemporanei, come Carrà nel Pino marittimo (1929).

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In questi anni dipinge anche dei ritratti, come quello di Graziella e il Ritratto del padre, il Cavalier Gioacchino Guttuso Fasulo (1930). Negli anni seguenti comincia a frequentare l’atelier del pittore futurista Pippo Rizzo e l’ambiente artistico palermitano. Nel 1928 partecipa a Palermo alla sua prima mostra collettiva.

Arriviamo così al 1931, anno in cui partecipa con due quadri alla Quadriennale Nazionale d’Arte Italiana a Roma. Una mostra di Guttuso e di altri pittori siciliani, alla Galleria del Milione nel 1932, suscita grande interesse nella società artistica milanese. Per vivere a Roma esegue alcuni lavori di restauro alla Pinacoteca di Perugia e alla Galleria Borghese di Roma.

In questo periodo ha modo di legarsi ad artisti come Mario Mafai, Francesco Trombadori, Corrado Cagli, Pericle Fazzini, Mirko e Afro. Dal 1929 collabora con giornali e riviste. Il suo primo articolo su Picasso, scritto nel 1933, causa l’intervento della censura fascista e la sospensione della collaborazione con il giornale l’Ora di Palermo.

Guttuso e il “Gruppo dei 4”

Espone per la seconda volta a Milano, alla galleria del Milione con il “Gruppo dei 4” che aveva fondato a Palermo. Con lui, Giovanni Barbera, Nino Franchina e Lia Pasqualino Noto, in aperta polemica con il primitivismo di “Novecento”, allora dominante.

A causa del servizio militare trascorre il 1935 a Milano, dove ha occasione di stringere grandi amicizie con artisti come Birolli, Sassu, Manzù, Fontana con cui dividerà lo studio, ed intellettuali come il poeta Salvatore Quasimodo, Raffaele de Grada, Elio Vittorini, il filosofo Antonio Banfi, Raffaele Carrieri, Edoardo Persico.

Il trasferimento a Roma

Gli anni tra il 1937 e il 1939 sono tra i più importanti per Renato Guttuso. Si trasferisce definitivamente a Roma. I suoi studi, a cominciare da quello in piazza Melozzo da Forlì, saranno spesso al centro di sue composizioni pittoriche e diverranno uno dei centri intellettuali più vivaci ed interessanti della vita culturale della capitale.

In questi anni nasceranno le amicizie con Alberto Moravia, Antonello Trombadori e Mario Alicata che avranno un ruolo determinante nella sua adesione al partito comunista, nel quale si iscriverà nel 1940.

La sua prima personale a Roma viene presentata dallo scrittore Nino Savarese. Sono gli anni delle nature morte, della Fucilazione in campagna, della Fuga dall’Etna, che riceverà il premio Bergamo, in quel momento il più importante premio di pittura in Italia.

Sempre nel 1940 conosce Mimise Dotti che sarà sua compagna per tutta la vita. Collabora come critico a Le Arti, Primato e Il Selvaggio, proseguendo con impegno e vigore l’attività di critico che durerà tutta la vita.

Negli anni a seguire continua la sua produzione artistica. Dipinge nudi, paesaggi, nature morte e realizza la Crocefissione (1940-41), la sua opera più famosa ed uno dei quadri più significativi del Novecento.

Il quadro, presentato al premio Bergamo nell’autunno del 1942, suscita un grande scandalo e il Vaticano proibisce ai religiosi di guardarlo.

Nel 1940 al Teatro delle Arti di Roma, diretto da Anton Giulio Bragaglia, Renato Guttuso fa il suo esordio nella scenografia musicale. Nel 1943 lascia Roma per motivi politici e partecipa attivamente alla resistenza antifascista. Della lotta partigiana ha lasciato una struggente testimonianza artistica nella serie di disegni realizzati con inchiostri delle tipografie clandestine intitolati Gott mitt Uns.

Renato Guttuso e il Fronte Nuovo delle Arti

A Parigi. con Pablo Picasso, stringe una amicizia che durerà tutta la vita. In Italia assieme ad alcuni artisti ed amici, fonda il movimento Fronte Nuovo delle Arti. Questo raggruppamento di artisti è molto impegnato politicamente. Ha l’obbiettivo di recuperare le esperienze artistiche europee che a causa del fascismo erano poco conosciute in Italia.

Nella sua pittura sono presenti temi sociali e di vita quotidiana. Troviamo, così, i picconieri della pietra dell’Aspra, zolfatari, cucitrici, manifestazioni di contadini per l’occupazione delle terre incolte. Nel ’47 trasferisce il suo studio a Villa Massimo.

Nel 1950 ottiene a Varsavia il premio del Consiglio Mondiale per la Pace. Nello stesso anno tiene la sua prima personale a Londra. È sempre presente alla Biennale di Venezia con grandi quadri: nel ’52 con la Battaglia di Ponte dell’Ammiraglio, nel ’54 con Boogie Woogie, nel ’56 con la Spiaggia suscitando discussioni e dibattiti. Sposa Mimise: Pablo Neruda, che gli ha dedicato una sentita poesia, sarà testimone delle loro nozze.

Gli anni Sessanta e Settanta

Tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, Renato Guttuso collabora alle più importanti riviste italiane e internazionali con scritti di teoria e critica d’arte. Dipinge La Discussione, che verrà acquistato dalla Tate Gallery di Londra.

Lavora all’illustrazione della Divina Commedia che sarà pubblicata nel ’61 da Mondadori. Elio Vittorini scrive un’importante monografia sul pittore mentre l’amico Pasolini scriverà un’introduzione per un suo libro di disegni.

A New York, la Aca-Heller Gallery gli dedica un’importante mostra. Il Museo Puskin di Mosca gli dedica un’importante retrospettiva nel ’61, mentre il Museo Stedelick di Amsterdam gli dedica un’antologica di grande successo che sarà poi ospitata anche al Palais de Beaux Arts di Charleroi. Nel ’63 si apre a Parma una sua ampia mostra antologica, presentata da Roberto Longhi.

Di lì a poco si trasferisce a Palazzo del Grillo, dove continuerà ad abitare e lavorare fino alla morte. Nel ’66 realizza il grande ciclo dell’Autobiografia.

Nella seconda metà degli anni Sessanta la figura femminile divenne dominante nella pittura. Di particolare importanza la serie di dipinti in cui ritrasse Marta Marzotto. Guttuso la conobbe a Milano nel 1967.  Lei non posò mai personalmente per lui, ma fu sua musa ispiratrice in numerosi quadri e ritratti.

Tra i quadri più belli e significativi, Gioacchino Guttuso Agrimensore (1966), omaggio al padre ritratto nell’erba dietro il teodolite. Nel ’71 riceve dall’Università di Palermo la laurea Honoris Causa e gli sono dedicate due importanti antologiche: una a Palermo al Palazzo dei Normanni con testi di Leonardo Sciascia, Franco Grasso e una al Musee d’Art Moderne de la Ville di Parigi.

Nel 1972 riceve il premio Lenin e gli viene dedicata una grande mostra all’Accademia delle arti di Mosca. Una grande mostra retrospettiva percorre l’Europa orientale toccando Praga, Bucarest, Bratislava, Budapest.

La Vucciria di Guttuso

Renato Guttuso dipinge il grande quadro la Vucciria (1974) che affida all’università di Palermo. Ancora oggi, il dipinto è considerato uno dei più rappresentativi del suo genio ed è famoso in tutto il mondo.

Nel ’76 dipinge il Caffè Greco. Viene eletto Senatore, nelle liste del PCI, nel collegio di Sciacca. Nel 1973 Guttuso sceglie un importante nucleo di opere, sue e di altri artisti, che costituiranno la base per istituire a Bagheria la Galleria Civica.

Nel 1983 affresca una cappella del Sacromonte di Varese con la Fuga in Egitto. Nel 1985 intraprende un’opera monumentale, affrescando l’intera volta del soffitto del teatro lirico Vittorio Emanuele di Messina, rappresentando la leggenda di Colapesce. Nel 1986 dipinge un ciclo di opere dedicato al tema del gineceo che culmina nel quadro “Nella stanza le donne vanno e vengono…”, ultimo grande sforzo del pittore che resterà incompiuto.

Quando è morto Renato Guttuso

Renato Gutturo è morto il 18 gennaio del 1987  lasciando alcune opere, tra le più importanti, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Altre opere e una ricca raccolta documentale le ha già affidate al museo che la sua città natale, Bagheria, gli ha intitolato.

Il Museo Guttuso di Bagheria, che ha sede nella settecentesca Villa Cattolica, raccoglie così la più ampia collezione di opere, quadri, disegni e grafica dell’artista. Nel giardino della Villa c’è la grande Arca funebre dedicatagli dal suo amico Giacomo Manzù, dove egli riposa.

Dopo la sua morte, il figlio adottivo Fabio Carapezza Guttuso fonda gli Archivi Guttuso, cui destina lo studio di Piazza del Grillo, e integra la collezione del museo di Bagheria.

«La pittura è il mio mestiere.
Cioè è il mio mestiere ed il mio modo di avere rapporto con il mondo.
Vorrei essere appassionato e semplice, audace e non esagerato.
Vorrei arrivare alla totale libertà in arte, libertà che, come nella vita, consiste nella verità».

Dove vedere i quadri di Guttuso

In Italia e all’estero sono molti i musei che conservano quadri di Renato Guttuso. La galleria di riferimento per l’artista è, naturalmente, il Museo Renato Guttuso di Bagheria, aperto nel 1973 nella sua città natale.

Altre opere sono a Milano al Museo del Novecento, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma (qui si trova la famosa Crocifissione del 1941), e poi ancora a Palermo, a Palazzo Steri, dove è conservato  la Vucciria.

«Un artista parla solo delle cose che conosce, delle cose che sa, delle cose con le quali ha vissuto una comunione profonda da sempre, da quando non era neppure cosciente. Quindi il mio legame con la Sicilia è così profondo che viene fuori. Pirandello ha raccontato i pettegolezzi della farmacia di Porto Empedocle e sono stati capiti in Alaska e in Giappone. Quando si dice qualche cosa di vero, di profondo, questo diventa sempre universale. Il cuore umano ha una parte universale».

A Roma, conserva opere di Guttuso anche l’Accademia di San Luca (l’artista fu accademico dal 1960). Il MAMbo di Bologna custodisce invece I funerali di Togliatti. Le due versioni dell’Occupazione delle terre incolte in Sicilia sono conservate all’estero, la prima a Budapest presso il Museo Nazionale di Belle Arti, la seconda invece a Dresda.

Redazione