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01Nonostante la neo-legge ‘Sblocca Italia’ del Premier Renzi, a Gela le trivelle di Eni rimangono immobili. Il motivo? Nei prossimi due anni si produrrà olio di palma.

100 mila barili al giorno e un piano di riconversione partito già lo scorso anno, per far diventare la Raffineria Eni di Gela, uno dei più imponenti impianti green di Sicilia e d’Italia.
In contrada Piana del Signore, lo stabilimento, che già dal 2013 è dedicato alla produzione di diesel e non più di benzine e polietilene, diventerà presto punto di riferimento europeo per i biocombustibili.

Ci vorranno però due anni per riavviare la produzione, interrotta già lo scorso marzo, a seguito della riconversione degli impianti, che a compimento del 2017 dovrebbero iniziare a funzionare ad olio di palma e Guayule per diesel eco-compatibile e bio-guaine anallergiche.
L’accordo raggiunto la scorsa settimana, ha permesso così la salvaguardia di circa 3.500 posti di lavoro.

Dopo la selva di polemiche scatenata a seguito dell’eventuale chiusura dello stabilimento, arriva quindi la firma del Ministro per lo Sviluppo Economico Federica Guidi. A sottoscrivere il testo anche la Regione Sicilia, nella figura del Presidente Rosario Crocetta, il Sindaco di Gela Angelo Fasulo, e Claudio Descalzi, Amministratore Delegato di Eni, oltre al Presidente della Raffineria di Gela Claudio Zacchigna, Confindustria Sicilia, e alle molteplici organizzazioni sindacali ed Rsu.

«Saranno due anni di difficoltà», dichiara Paolo Pirani, segretario generale della Uiltec.
Il piano industriale prevede un investimento complessivo di 2,2 miliardi di euro, per una capacità produttiva di 750 mila tonnellate annue.
A dispetto di quello che si potrebbe pensare, l’Italia ha aperto le porte alle bioraffinerie, ben prima di quanto non volesse farlo l’Europa.

È arrivato già infatti un anno fa il no del nostro Paese, assieme a quello delle Nazioni del Benelux e della Danimarca, che impediva l’uso di biocarburanti poco ‘verdi’, ricavati cioè da risorse alimentari, a favore di combustibili di seconda generazione, ovvero quelli derivati da colture non destinati alla produzione di cibo o scarti agricoli.

«Riteniamo troppo alta la soglia del 7%, – ha commentato l’allora sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, a seguito del vertice svoltosi presso il Consiglio UE nel dicembre dello scorso anno – è necessaria una soglia per i biocarburanti di seconda generazione, per la quale abbiamo proposto il 2,5%»; come nel caso dei 15 ettari da poco inaugurati, della raffineria M&G che sorge nel piemontese.

Presso lo stabilimento M&G di Crescentino, anche un’area dedicata allo stoccaggio delle biomasse in paglia di riso e canna di gentile; l’impianto è inoltre del tutto autosufficiente, con ben 13 MW di energia ricavati dall’utilizzo di lignina, materia prima dei biocarburanti, dovrebbe arrivare a produrre ben 75 milioni di litri di bioetanolo l’anno.

Autore | Enrica Bartalotta