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Parole davvero scioccanti quelle di Salvo Riina, figlio del boss ergastolano Totò, prima della pubblicazione del libro “Riina Family Life”. Il tenero è un altro, e per certi versi è agghiacciante. È il quadro che emerge dalle intercettazioni avvenute a cavallo tra il 2000 e il 2002 e di cui dà notizia “Repubblica“.

Capitolo uno: “Totuccio si fumò a tutti, li scannò“. Racconta: “C’era quel cornuto, Di Cristina, che era malantrinu e spiuni … era uno della Cupola, un pezzo storico alleato di quelli, i Badalamenti, minchia, Totuccio si fumò a tutti, li scannò”. Correva il 1978: così partì la guerra di mafia scatenata dai corleonesi, era l’inizio della loro inarrestabile ascesa. L’inizio della carneficina. “E chi doveva vincere? In Sicilia, in tutta l’Italia chi sono quelli che hanno vinto sempre? I corleonesi. E allora, chi doveva vincere?”.

Di uomini che hanno fatto la storia della Sicilia… linea dura, ne pagano le conseguenze, però sono stati uomini, alla fin fine. E io… sulla mia pelle brucia ancora di più“, diceva il figlio di Totò Riina, che racconta la verità anche su un’altra guerra di mafia, quella del 1990 scatenata contro gli stiddari, i ribelli di Cosa nostra.

“Quando gli hanno sminchiato le corna agli stiddari che c’erano in tutta la Sicilia”. Da Gela a Marsala, da Riesi a Palma di Montechiaro, un racconto terribile. “Ci fu un’estate di vampe. Ferro e fuoco. Qualche 65 morti ci furono qua, solo in un’estate”. E giù con il suo racconto sugli stiddari: “Che razza, qua ci vuole il revolver sempre messo dietro, ma non il revolver quello normale, qua ci vuole il 357, che con ogni revolverata ci ‘a scippari u craniu. Totò Riina ordinò un vero e proprio sterminio. Anche questo racconta il figlio: “Ci fu un’estate che le revolverate… non si sapeva più chi le doveva ammazzare prima le persone”. E ancora: “Minchia, appena ne sono morti due di quello, partiamo, tre morti di quell’altro… Appena gli hanno ammazzato a quelli tre, gliene andavano ad ammazzare altri cinque. Pure a Marsala gli ha dato vastunate … era una fazione di boss perdenti… si erano messi in testa che loro dovevano rivoltare il mondo”.

Andando avanti si arriva fino al capitolo di business e stragi: “I piccioli“: “Se tu pensi quello che ha fatto mio padre di pizzo, oggi noialtri neanche possiamo fare l’uno per cento. Capitolo cinque: “I cornuti”, ovvero i collaboratori di giustizia. “Quando arriva un cornuto di questi e ci leva tutto il benessere, ci fa sequestrare beni immobili, materie prime e soldi”. Capitolo sei, il cuore del libro: “Le stragi Falcone e Borsellino”. “Un colonnello deve sempre decidere lui e avere sempre la responsabilità lui. Deve pigliare una decisione, e la decisione fu quella: “Abbattiamoli” E sono stati abbattuti”.

E infine la genesi della condanna a 8 anni per associazione mafiosa. La scena è ambientata nella sala colloqui del carcere dov’è detenuto il primogenito di casa Riina, Gianni. Sei dicembre 2000. Ninetta Bagarella si rivolge ai figli maschi: “Siete stati sempre catu e corda… ma quello che ti tirava era sempre Gianni”. E Salvo: “Papà diceva che lui era il più…”. La mamma chiosa: “Il più agguerrito”. E non a caso il quarantenne Gianni Riina è già all’ergastolo da vent’anni, condannato per quattro omicidi. “Tu facevi il trend “, dice Salvo al fratello. E la sorella Maria Concetta corregge: “Il trainer, non il trend”. Gianni ricorda una frase del padre: “Una volta mi ha detto una cosa che non ho mai dimenticato: “Tu hai sempre ragione per me, perciò, quale problema c’è””. Quella era un’investitura. Che anche Salvo Riina rivendicava: “Vedi che io vengo dalla scuola corleonese”. E la madre certificò: “Sangue puro”.