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Si lancia contromano con un'auto "in nome di Allah". È davvero controverso l'episodio con protagonista un algerino di 22 anni. Alla fine si è schiantato contro le protezioni della basilica di Pompei. Il giovane era approdato in Italia dopo essere stato espulso dalla Francia, espulso di nuovo dal questore di Cagliari ma sempre rimasto nel nostro paese. È stato bloccato dai vigili urbani dopo una breve fuga.

Il ragazzo è stato condannato a due anni e mezzo, ma come scrive il "Corriere del Mezzogiorno" gli atti sono stati inviati al pool antiterrorismo della Procura di Napoli. L’imputato avrebbe potuto ottenere i domiciliari, ma il giudice ha deciso diversamente. Innanzitutto bisogna tener presente "l’estrema pericolosità della condotta tenuta dall’arrestato, che per le modalità (invasione di zona pedonale, piazza normalmente frequentata da centinaia di persone nonché da migliaia di pellegrini in giornate festive), il luogo (piazza antistante al santuario della Madonna di Pompei), la personalità (soggetto di nazionalità algerina, irregolare sul territorio italiano, espulso dal territorio francese), le condizioni psico fisiche della persona (che aveva assunto, per sua ammissione sostanze stupefacenti e psicotrope), che evocano episodi di attentati terroristici". L'algerino ha anche affermato "di non essere in condizione di sapere perché avesse compiuto quel gesto se non per sentirsi più vicino ad Allah, il che gli sarebbe stato reso più facile dall’assunzione di un farmaco".

Inoltre "l’arrestato nel corso dell’udienza ha continuamente emesso suoni labiali e recitato una litania araba in nome di Allah". Il giudice sottolinea la presenza di elementi indicativi del profilo del lupo solitario (drogato, in preghiera, esaltato, in zona religiosa, durante periodo di feste religiose) che ha percorso vari chilometri per raggiungere un obiettivo inequivocabile. Ma a farlo propendere per la detenzione in carcere è stato anche il fatto che, dopo avere mentito sulla sua identità, ha continuato a mentire sul suo indirizzo: ha fornito quello di un connazionale e, quando è arrivato sul posto accompagnato dai militari, gli ha sussurrato in arabo: "Di' che vivo qui, se no mi arrestano".