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01Quando , nella mia primissima infanzia, mi affacciavo dalla terrazza della nostra casa paterna e vedevo i bambini della scuola vestiti da Balilla e Piccole Ialiane che    facevano il Saggio Ginnico a li Merguli (2) ero immancabilmente presa dall’invidia e da una voglia  irrefrenabile  di essere con loro , vestita come loro…
Non ci sono riuscita…
Il Fascismo è finito prima che io iniziassi la mia vita scolastica.
Comunque la mia carriera scolastica è iniziata abbastanza presto.
Da pochissimo c’era stata una riforma che istituiva l’obbligo scolastico fino alla V elementare e precisamente dai 6 ai 10 anni.
Eccezionalmente poteva essere ammesso in prima ,come uditore, anche qualche bambino di 5 anni, che, a fine anno , se ne era capace, avrebbe potuto sostenere gli esami ed essere promosso in seconda.
I miei genitori e la zia erano insegnanti elementari  e avevano chiesto che io, potessi approfittare di  questa possibilità.
E così, il primo giorno di scuola, paludata nel mio grembiulino nero con collettino candido ed enorme fiocco rosso, feci il mio primo ingresso “a lu spitali” …no no… non mi ero sentita  male per l’emozione, è che il locale che ospitava la scuola elementare era inteso universalmente come “lu spitali”, “l’ospedale” , infatti a quanto pare, il locale era stato costruito per istallarvi l’ ospedale del paese che, in realtà,  non è mai nato, nè là, nè altrove . 
Così la costruzione venne utilizzata per ospitare la scuola che prima era frazionata in diversi piccoli locali spesso facenti parte di grandi case di civile abitazione.
La mia scuola era abbastanza vicina a casa, ci si arrivava da due strade, la più usata passava per  Piazza Municipio , piazza Merli e poi si addentrava in  una stradina che portava fino a Via Ospedale. Ma noi non facevamo quel tragitto in quanto la strada dove noi abitavamo saliva e  poi ridiscendeva, brutta, scomoda e scoscesa ma , dopo pochi metri, andava a sbucare dritta dritta proprio accanto alla scuola. Devo confessare che le mie ginocchia hanno più volte assaggiato la scabrosità del selciato e la scivolosità della fanghiglia che stazionava perennemente in certe zone, ma la brevità del tragitto  ci ripagava della sua scomodità . 
Il locale scolastico sorgeva proprio dove finivano le case del quartiere S,Antonino e cominciava la campagna, nel bel mezzo di una discesa, per cui davanti aveva un ampio spiazzo su cui si aprivano l’atrio e le finestre anteriori  che guardavano la  campagna mentre le finestre posteriori si aprivano sulla salita in sterrato, in modo che, scavalcandole, si poteva raggiungere la piazzetta superiore in pochi agevoli passi. 
Voci pettegole insinuavano di alunni e … maestri… che, di tanto in tanto, si servivano di quelle finestre per  celare un loro ritardo…il tutto coperto dall’ omertà più completa del resto della classe.
Era invece cosa conclamata e tacitamente  accettata   da tutti il fatto che i bambini le cui famiglie abitavano nei dintorni, usassero quelle finestre per andare a comprare  dai loro familiari uova, o frutta, o verdura per gli insegnanti e, qualche volta addirittura le sigarette dal vicino tabaccaio.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     
La cosa più scomoda  in quella scuola erano i WC , anzi il WC  che era situato proprio all’estremità sinistra dell’edificio . Per  raggiungerlo bisognava uscire fuori, costeggiare l’edificio su uno stretto marciapiedi in cemento che correva sotto le finestre e salire degli scalini ripidi e scoscesi che portavano ad una porticina  posteriore  della scuola, o, in alternativa, attraversare due o tre aule in cui si stava facendo lezione…
Per cui l’ apparentemente innocua  richiesta di un alunno/a: “Pressù,(o signorì) cci vaiu a cessu ?”(3) poteva celare un sacco d’insidie e di problemi.
Accanto al gabinetto  ricordo un grande ambiente con in fondo una serie di piatti-doccia sovrastati da altrettanti spargiacqua. Immagino che il tutto fosse stato progettato per l’ ospedale, ma mi chiedo come il progettista pensasse di poterlo utilizzare se in quella zona non esisteva un impianto idrico a cui allacciarlo. 
Questo locale veniva chiamato “la doccia” ma in realtà era utilizzato come refettorio o altro.
Nella nostra scuola c’erano quattro sezioni per  ogni classe: due femminili e due maschili , ma le quinte si riducevano solo a due  in quanto la mortalità scolastica era notevole. Molte famiglie, infatti, mandavano a scuola i figli solo ”pi quadiari lu banchettu"(4)per evitare di essere denunziati per non avere adempiuto all’obbligo scolastico e non si curavano minimamente di fornirli di materiale didattico, nè di farli studiare.
Nelle classi maschili insegnavano dei maestri ed in quelle femminili delle maestre. Gli insegnanti maschi venivano chiamati dagli alunni : “professù" o nella forma sincopata:”pressù” ,tranne nella classe di mio padre che  si faceva invece chiamare: “Signor maestro” perchè affermava che prof. può diventare chiunque, signore e maestro invece si nasce…
Le maestre, invece, venivano chiamate: “ Signorì” anche quando erano sposate e madri di famiglia, ma, neanche a farlo apposta, esse erano per la maggior parte realmente nubili. 
Solo la mia maestra di quinta, una signora friulana aveva abituato le  alunne a chiamarla “Signora”…
Ma questa non era la sua unica originalità, la mia maestra di quinta era riuscita anche ad ottenere che in classe SI PARLASSE IN 
ITALIANO!… Eh già…perchè in tutte le altre classi, tranne quando si spiegavano  o si ripetevano le lezioni, o si leggeva, si usava parlare in siciliano.Dopo la quinta, solo pochissimi ( e non sempre i più capaci) si preparavano per sostenere gli esami di ammissione alla scuola media e continuare gli studi ad Agrigento o in altre città sedi di Scuole Medie.Qualcuno s’iscriveva all’Avviamento, una sesta classe in cui si poteva sperimentare un insegnamento alternativo a quello della scuola media con l’inserimento delle figure dei docenti professionali.
Gli altri bambini seguivano i padri nei campi o nelle altre loro attività, o andavano a fare pratica presso i vari mastri(5) artigiani.
Le ragazzine, come ho già avuto occasione di dire, compravano un  tulareddru (6)e cominciavano a ricamarsi il corredo in attesa di un buon partito .Solo quando io frequentavo già l’università, con l’istituzione della Scuola Media Unificata che prevedeva almeno una scuola in ogni 
comune e il prolungamento dell ‘obbligo scolastico  fino ai 14 anni, i ragazzini dei paesi piccoli ebbero le stesse possibilità degli altri di continuare i loro studi senza problemi .
 
NOTE.1 – All’ospedale, 2 -Piazza Merli,, 3 – Professore/ Signorina, posso andare a gabinetto? 4 – Per riscaldare il banco, 5 – Maestri artigiani, 6 – Un telaio