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01Ventimiglia è un comune della provincia di Palermo, dalla storia particolarmente curiosa; dal 1863 presenta l’appellativo ‘di Sicilia’, per distinguerla dall’omonima città sita in provincia di Imperia.

Posta a 540 metri sul livello del mare, la città di Ventimiglia nacque nel 1625 dal feudo di Calamigna (non a caso in siciliano, la città viene identificata ancora con questo nome) retto e amministrato da Beatrice Ventimiglia, figlia di Giovanni III Ventimiglia, principe di Castelbuono e marchese di Geraci.

La sua storia recente però, nasconde in realtà un’origine ben più antica. Alle pendici di Pizzo Cane, in quella verde vallata che funge da culla, sembra che nel V secolo a.C. si sia insediata una comunità di cui ancora non si sa molto. Quella zona è ora occupata da una località denominata ‘Castidazzu’, probabilmente a memoria del fatto che qui una volta si trovava un maestoso castello, una dimora imponente circondata da mura fortificate, che diede il via alla nascita dell’abitato circostante, a pochi chilometri dall’odierna città.

Oggi queste mura sono ancora particolarmente evidenti: raggiungono una larghezza di circa 1 metro e si pensa che all’epoca potessero circondare tutto il centro abitato, allungandosi in altezza fino a 3-4 metri.
In quest’area, oltre ai segni lasciati dalle cariche esplosive che testimoniano il tentativo di demolire le mura, e che ci hanno permesso di conoscerne le tecniche utilizzate per la loro edificazione, molti manufatti, soprattutto cocci in ceramica.

Alcuni dei ritrovati hanno attirato anche l’attenzione degli archeologi Ewald Kislinger e Ferdinando Maurici, i quali presumono che qui potesse abitare una civiltà di origini proto-bizantine.
Tra i resti, oltre ad un sigillo con monogramma pesante quasi 10 grammi, anche un importante manufatto, che i cittadini del luogo ritengono sia un torchio, ma che per gli studiosi sembrerebbe essere in realtà un altro tipo di oggetto dall’uso non ben identificato.

Il reperto è rimasto pressocché intatto, probabilmente per via della sua posizione strategica tra le rocce, ed è stato utilizzato dai cittadini per la pigiatura dell’uva, almeno fino alla metà del secolo scorso.
Curiosa non è però solo la storia di Ventimiglia, bensì anche l’origine del suo nome, che rimane ancora avvolta nel mistero.

Calamigna è il nome con cui ancora oggi i ventimigliesi e gli abitanti dei paesi limitrofi, chiamano la città; una volta, questo era l’appellativo per l’area circostante il monte Cane, ma con il tempo arrivò ad identificare la zona occupata dal feudo dei Ventimiglia.
Sembra che l’etimo possa derivare dal termine arabo ‘Qal'ah’, che ispirandosi a quello esistente in principio, di origine latina, potrebbe stare a significare ‘rocca fortificata’. Il professor Emanuele Appari, ventimigliese, ne spiega la formazione tramite l’uso dei termini ‘Cala- e a ‘moenia’ ovvero ‘mura’, che con il tempo potrebbe essere divenuto ‘-migna’.

Il concittadino Giovanni Leone, presume invece che il toponimo ‘Calamigna’ possa derivare dal greco ‘kalamos’ che significa ‘canna’ o ‘calaminius’, il suo corrispettivo in latino; molti agronomi però sostengono che non sia possibile coltivare e far crescere dei canneti in questa zona, ecco perché per il momento, questa resta soltanto un’ipotesi.

Nel territorio di Calamigna, è possibile visitare alcuni monumenti di interesse di origine antica.
La maggior parte degli edifici religiosi risale al Seicento/Settecento, ma vi sono alcune eccezioni, come la chiesa Madre, costruita in periodo medievale, che accentuerebbe l’ipotesi secondo cui la città sia nata molto prima della sua costituzione in feudo.

L’edificio religioso dedicato all’Immacolata, fu ultimato, nelle sembianze con cui è conosciuto oggi, il 16 settembre del 1628. Fu la principessa Beatrice a volerlo, la quale omaggiò il primo parroco e arciprete di Ventimiglia, di un prezioso paramento che oggi viene utilizzato durante le celebrazioni volte a festeggiare la Santa Patrona. La preziosa veste viene denominata “di Sant’Anna” a testimonianza di quanto fosse vivo e importante il culto della Santa presso la famiglia dei Ventimiglia, la quale aveva infatti provveduto a traslare le reliquie della religiosa, dal castello di Geraci alla cappella palatina sita presso il fortilizio di Castelbuono, dove sono ancora oggi custodite.

Nell’edificio è conservata anche una pregevole opera della scuola di Antonello da Messina: una pittura su legno organizzata in più pannelli e risalente al XVI secolo; il polittico fu trasferito qui dalla ‘chiesa dei monaci’ e rappresenta momento in cui il Cristo mostra il suo costato ferito a San Tommaso.
Tempo più tardi, all’edificio fu fatta aggiungere la torre con le 5 campane, che non faceva parte del prospetto originario.

Da visitare è anche l’Eremo di San Felice, la struttura più antica dell’area abitata di Ventimiglia.
Costruito tra il 1290 e il 1310 per volere di Frà Guglielmo Gnoffi, la struttura in pietra domina il Pizzo Cane a 560 metri sul livello del mare.
Oggi è un rifugio per famiglie ed escursionisti, vista la sua vicinanza alla Riserva naturale orientata Pizzo Cane. Dentro, è ancora arredata come un eremo: la piccola cappella con 70 posti a sedere, si affianca infatti alla semplice cucina, ai servizi igienici e a tutto l’occorrente per ospitare 40 persone che vogliano vivere in completa tranquillità e solitudine, lontano dallo stress della vita di città.

A San Felice arriva l’elettricità, ma si preferisce ancora usare candele di cera; l’acqua per le attività quotidiane sgorga naturale da una vicina sorgente e il pianoro antistante viene utilizzato ogni anno, soprattutto in estate, per organizzare piacevoli attività all’aperto come pic-nic e corsi di formazione spirituale e ambientale; per la maggiore vanno poi i cosiddetti “Campi estivi”, iniziative ludico-creative volte all’intrattenimento di bambini e adulti.

Nei pressi di Ventimiglia sorge la Riserva naturale orientata Pizzo Cane, nel cui lato Ovest sono disposte diverse formazioni naturali di interesse speleologico e paleontologico, come la Grotta Brigli: ricca di concrezioni e cunicoli di origine antichissima, o la Grotta del Leone, dalla curiosa sagoma da cui prende il nome, importante anche dal punto di vista biologico in quanto al suo interno vive e prolifera una rara formazione vegetale di Iberidella minore. Questo è l’habitat del falco Pellegrino ma anche del Pasqualino, piccolo avvoltoio che abita la Sicilia nel periodo attorno alla Pasqua; e della lepre appenninica, un endemismo dell’Italia centro-meridionale.

Foto da: www.partecipiamo.it