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di Nando Cimino

       La parola minni, da non confondere, almeno nella pronuncia, con il simpatico personaggio dei cartoni animati di topolino, è la parola con la quale noi siciliani indichiamo le mammelle; ovvero il seno.
Ma vi siete mai chiesti da dove deriva questa parola?  Pare proprio che sulla sua origine ci siano in realtà poche certezze; c’è infatti chi ritiene di poterla associare al latino minae; parola che può pure significare sporgenza, mentre altri, accostandola al fatto che da esse fuoriesca liquido, pensano possa derivare invece dal verbo latino mingere, che però significa orinare.
Ma, come ben si sa, anche il seno (minne), sono un organo che, e non solo tra il genere umano, una volta munto o spremuto, produce la fuoriuscita di liquidi. In italiano la parola assume “tonalità” molto variegate; la troviamo infatti indicata oltre che come mammelle anche con il nome di poppe, tette, zinne, e se cerchiamo bene chissà in quanti altri modi.

       A parte quelle delle donne, in Sicilia le minne più “dolci” sono sicuramente quelle di Sant’Agata, vanto dei pasticcieri catanesi, o quelle di li vergini; simili nella forma, ma diverse nella sostanza e  tipiche invece di Sambuca di Sicilia.  A lodare invece quelle delle nostre donne siciliane, ci ha pensato pure il nostro sommo poeta Micio Tempio che, in una delle sue più conosciute liriche erotiche,  così si esprime:

. . . Sti cosci toi, sti natichi

sunnu nna vera tuma;

li minni su’ dui provuli,

chiù bianchi di la scuma . . .