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Il mare siciliano conferma di essere custode di preziosi tesori. Ad Agrigento, nei fondali della località San Leone, sono stati recuperati i primi cannoni e un’ancora in ferro del relitto di Scoglio Bottazza. I resti appartengono a una nave presumibilmente di epoca tardo-rinascimentale.

Recuperati preziosi resti nel mare di Agrigento

Del recupero si sono occupati, in modo congiunto, la Soprintendenza del mare della Regione Siciliana, attraverso il consorzio Ganosis di San Leucio del Sannio (Bn) che si è aggiudicato l’appalto per i lavori, insieme a Capitaneria di porto, Guardia costiera e Nucleo tutela patrimonio culturale dei carabinieri di Porto Empedocle.

La nave giaceva a circa 15 metri a ridosso della secca omonima, presso la foce del fiume Naro. I reperti, che si uniscono a quelli già recuperati nel 2007 e custoditi presso la Soprintendenza del mare, saranno restaurati nei laboratori del Parco archeologico della Valle dei Templi in base a un accordo tra i due enti.

Il progetto è stato finanziato con risorse del Fondo per la coesione e lo sviluppo 2014-2020. “Attraverso questo ulteriore recupero, si conferma una grande stagione per l’archeologia subacquea in Sicilia”, spiega l’assessore ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana Francesco Paolo Scarpinato.

La costa di San Leone, ad Agrigento

La costa di San Leone, ad Agrigento – Foto: trolvag, CC BY-SA 3.0

“Basti pensare che, grazie all’attività svolta dalla Soprintendenza del mare, l’Isola dispone di ben 26 itinerari culturali subacquei visitabili da sub muniti di brevetto e, in qualche caso, da appassionati di snorkeling con il semplice utilizzo di maschera e pinne”, ha aggiunto.

La storia del sito

Tra i reperti recuperati in precedenza, ci sono anche alcuni pani di zolfo, raro documento proveniente dalla nave impiegata per il trasporto di materiali da una delle vicine miniere agrigentine. La straordinarietà del sito risiede anche nella lunga attività mantenuta nel corso del tempo, fino alla fine del XIX secolo quando le miniere furono abbandonate, rappresentando un caso unico di bene archeologico, le cui vicende cominciarono in età protostorica per andare avanti fino all’età industriale.

In epoca moderna, lo zolfo estratto veniva caricato presso i porti di Agrigento e Marina di Palma, dove confluivano anche i carichi di altri siti minerari del circondario. Il tratto di costa che dalla foce del fiume Naro si collega da un lato alla odierna Porto Empedocle e dall’altro al porto di Licata si presentava particolarmente rischioso per la navigazione sia per le caratteristiche del fondale, sia per le frequenti incursioni di pirati.

Dal lato ovest, l’altro importante porto da cui partivano i carichi di di zolfo era quello di Porto Empedocle, per secoli nota come “molo (o caricatore) di Girgenti“. Si può dunque ipotizzare che la nave armata, salpata dal porto di Girgenti o da Marina di Palma col suo carico, abbia fatto naufragio presso lo Scoglio Bottazza che è stato tramandato come luogo di naufragi a causa della particolare insidia rappresentata dalla secca, visibile e quasi affiorante in estate ma sommersa e dunque ancor più pericolosa durante l’inverno.

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