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Bernardo Brusca, chi era l’uomo di Cosa Nostra tra i responsabili della Strage di Capaci. Biografia: dove è nato, come e quando è morto. Cosa ha fatto suo figlio Giovanni Brusca.

Bernardo Brusca

Bernardo Brusca nasce a San Giuseppe Jato, in provincia di Palermo, il 9 settembre del 1929. Muore a Napoli, l’8 dicembre del 2000, all’età di 71 anni. Riveste, nel corso della sua vita, il ruolo di capo mandamento di San Giuseppe Jato ed è uno dei responsabili della Strage di Capaci, in cui perdono la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Brusca è sin dall’inizio un alleato dei Corleonesi di Luciano Liggio e, in seguito, di Totò Riina. È padre di Enzo Salvatore Brusca e Giovanni Brusca. Quest’ultimo, dopo il suo arresto nel 1985, gli subentra come capo-mandamento. Bernardo Brusca è uno degli imputati del maxiprocesso di Palermo degli anni Ottanta.

Il 12 febbraio del 1986, nell’aula bunker colma di circa 300 imputati, 200 avvocati difensori e 600 giornalisti, è presente a nomi come Luciano Liggio, Michele Greco e Leoluca Bagarella. Riceve una condanna in occasione del maxiprocesso, oltre a diversi ergastoli, insieme a a Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco e agli altri boss, in quanto componente della Commissione di Cosa Nostra.

Come è morto Bernardo Brusca

Bernardo Brusca muore l’8 dicembre del 2000, all’ospedale Cardarelli di Napoli. Intorno a lui, ci sono gli agenti della polizia penitenziaria, ma nessuno dei suoi familiari. Come riportano le cronache di quel periodo, è annientato dal deperimento fisico (al momento della morte, pesa 40 chili) e muore poco dopo il trasferimento nel reparto di Rianimazione.

“Sua moglie Antonietta – che era andata via da Napoli appena tre giorni fa, dopo l’ ultima visita durata un’ ora – è ripartita subito dalla Sicilia. Ma ieri sera il divieto dell’ autorità giudiziaria le ha impedito di vedere suo marito. Solo questa mattina Antonietta Brusca potrà pregare accanto alla salma, in una piccola cella della sala mortuaria del Cardarelli sorvegliata dalla polizia”, si legge su La Repubblica.

Il corpo, dopo la perizia necroscopica, viene portato a San Giuseppe Jato, in Sicilia, per i funerali. Brusca muore mentre è detenuto, da poco più di un anno, nel carcere napoletano di Secondigliano, in regime di carcere duro. Dopo una condanna definitiva all’ergastolo, il suo legale aveva chiesto e ottenuto la sospensione dell’esecuzione della pena, per gravi motivi di salute.

Il provvedimento, però, viene bloccato da altre ordinanze di custodia cautelare. Ancora al 41 bis, nell’arco del suo ultimo anno di vita, Bernardo Brusca è più volte trasferito al padiglione detenuti del Cardarelli, per accertamenti. Le sue condizioni si aggravano all’improvviso, quindi è necessario il ricovero sotto stretta vigilanza alla decima Medicina d’urgenza del Cardarelli.

Dopo tre giorni, in un primo momento le sue condizioni si stabilizzano, e Brusca viene di nuovo trasferito al padiglione dei detenuti. Sopraggiunge poi un ulteriore aggravamento improvviso, che non gli lascia scampo. Lo ricoverano dunque in Rianimazione. Uno degli ultimi incontri è con il suo avvocato: “Non so se ci vedremo ancora, mi dica soltanto come stanno i miei figli”, dice quando è ancora lucido.

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