L’iniziativa delle case a 1 euro in Sicilia ha fatto il giro del mondo. Molte cittadine della nostra isola sono diventate vere e propri casi-studio, come esempi virtuosi, accogliendo nuovi cittadini provenienti da tutto il mondo e offrendo loro la possibilità di cambiare vita. Dietro il prezzo simbolico, però, ci sono anche ristrutturazioni costose, città che rinascono e comunità che cambiano volto.
La casa a 1 euro resta, infatti, un progetto complesso. Per alcuni è un sogno che si realizza, con il costo della vita dimezzato rispetto al Regno Unito o agli Stati Uniti e la possibilità di vivere sotto il sole siciliano. Per altri è una sfida economica e culturale, con ristrutturazioni impegnative e comunità in trasformazione. Come racconta The Telegraph, queste iniziative non sono solo affari immobiliari: sono esperimenti di rigenerazione urbana che intrecciano speranze individuali e destino collettivo.
La promessa di una nuova vita
Jonathan Smith, ex dipendente del settore alberghiero vicino Manchester, ha deciso un anno fa di trasferire la sua famiglia in Sicilia. Spinto dal desiderio di una vita più semplice e dal richiamo delle case a 1 euro, ha percorso l’isola alla ricerca dell’occasione perfetta. “Non vi sembra fantastico, una casa a 1 euro?”, racconta entusiasta. Ma presto la realtà ha ridimensionato i sogni: quelle abitazioni erano spesso ruderi, con tetti pericolanti e muri instabili.
Il progetto delle case simboliche nacque dopo il terremoto del 1968 che devastò la Sicilia occidentale. Sindaci e amministrazioni, privi di fondi, decisero di affidare a nuovi acquirenti la rinascita di borghi svuotati dallo spopolamento. Fu Vittorio Sgarbi, sindaco di Salemi tra il 2008 e il 2012, a rilanciare l’idea. Un atto di marketing urbano che, col tempo, si è diffuso in molti comuni.
Il caso di Sambuca di Sicilia
A Sambuca di Sicilia, l’iniziativa ha suscitato un entusiasmo mondiale. Nel 2019 il comune ricevette 118.000 richieste di informazioni e persino l’interesse di uno sceicco intenzionato ad acquistare l’intero borgo. Tre le tornate di vendite già concluse, con prezzi saliti da 1 a 3 euro. Metà delle oltre 40 case vendute è finita in mano ad americani. Tuttavia, i costi reali di ristrutturazione superano spesso i 50.000 euro.
Tra investimenti e identità
A Mussomeli, il sindaco Giuseppe Catania ha visto rinascere un centro storico svuotato. Dal 2017 sono state vendute centinaia di case, molte a cittadini britannici. “Non bastava vendere immobili – racconta al Telegraph – servivano infrastrutture e nuovi servizi”. Oggi il paese ospita anche famiglie argentine e prepara l’apertura di un’università. Ma non mancano i critici. “Un centro storico vive della continuità delle famiglie”, avverte Paolo Pieri, professore di urbanistica a Milano. “Sostituirle con residenti temporanei rischia di creare comunità senza radici”.
Le nuove storie di chi ci crede
Non mancano esempi virtuosi. Salvatore Ferraro ha trasformato con 50.000 euro una casa da 3 euro a Sambuca in “Casuzza Zabuth“. Brigitte Dufour, attivista franco-canadese, ha comprato due immobili a Mussomeli per creare centri comunitari e residenze artistiche.
Ha pagato 1.000 euro per la casa più piccola e la ristrutturazione è costata circa 50.000 euro, impiegando operai edili locali. Ha speso 5.850 euro per il secondo edificio della città, ma la ristrutturazione non è ancora iniziata, nonostante l’abbia acquistato nel 2021. Realizzare la sua visione potrebbe costare fino a 150.000 euro (e altri due anni), ciononostante è impegnata a raggiungere il suo obiettivo: “La gente ci accoglie, non ci fa mai sentire estranei”, racconta. “Da quando sono qui, ho pagato a malapena un caffè“. Foto: Depositphotos.com.
