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La città del carciofo dalle origini spagnole a oggi.

  • Cerda è una cittadina in provincia di Palermo, diventata famosa per il suo carciofo, una vera e propria eccellenza siciliana.
  • Il carciofo spinoso cerdese ha fatto la sua popolarità ma, in realtà, c’è molto altro da raccontare.
  • Partiamo alla scoperta dei paesi siciliani.

Nella zona collinare tra l’Imera settentrionale e il Torto, ex feudo di Calcusa, si trova una cittadina che ha conquistato fama e successo grazie all’ortaggio più spinoso. Cerda vanta origini spagnole e la sua storia è davvero ricca di curiosità da scoprire. Per conoscerla meglio, partiremo proprio dalle sue origini, che ci portano fino alla sua verde eccellenza: il carciofo spinoso cerdese, che le è valso l’appellativo di “città del carciofo”. Tenero e carnoso, il carciofo di Cerda deve la sua notorietà alla qualità. Secondo il mito, la nascita del carciofo è da collegare alla ninfa Cynara. Zeus se ne innamorò perdutamente, ma lei non ricambiava e, per questo motivo, la trasformò nel celebre ortaggio (gradevole al palato, ma resistente tra le mani).

Come abbiamo anticipato, le origini del paese sono spagnole. Un dettaglio, questo, che si evince già dal nome. Si collega, infatti, alla nobile famiglia de la Cerda, discendente di Ferdinando de la Cerda, erede del regno e reggente di Castiglia e León. Il soprannome, de la Cerda, di Ferdinando deriva dal fatto di esser nato con del pelo nel petto, simile a delle setole di maiale, che in spagnolo si dice de la cerda.

Un po’ di storia

Calcusa era un casale dell’antica Contea di Golisano, dalla quale fu distaccato nel 1430, dal re Alfonso V il Magnanimo, figlio di Ferdinando I d’Aragona. Il conte Gilberto Centelles, autorizzato dallo stesso re, lo cedette al conte di Geraci Giovanni Ventimiglia. L’erede di quest’ultimo, Luciano Ventimiglia, signore di Castronuovo nel 1453, vendette il feudo ad Antonio de Simone Andrea, con diritto di riscatto entro 20 anni. Da questa data e per circa due secoli il feudo appartenne alla famiglia Bardi. Il nipote Salvatore, nel dicembre del 1526, ottenne dal re Carlo V l’autorizzazione a riunire gente, tramite bando, nei feudi di Calcusa, presso il “Fondaco nuovo”. Questa data potrebbe rappresentare l’inizio effettivo della comunità di Cerda, ma la licentia populandi ottenuta rimase senza esecuzione.

Il primo nucleo di case, con una chiesa e alcuni magazzini, è documentato solo nel 1626. Era un borgo, probabilmente chiamato “Taverna nuova” o appunto “Fondaco nuovo”. Dalla famiglia Bardi il feudo passò alla famiglia San Esteban y de la Cerda signore di Calcusa Vallelunga e di Fontana murata. Giuseppe Santostefano, capitano di ventura a riposo, fu nominato marchese dal re Filippo IV, ottenendo la licentia populandi. Giuseppe Santostefano nel 1636 promosse le prime fabbriche, da lui e da Giuseppa Bertola, Alessio conseguì le signorie nel 1674 che con Antonia Notarbartolo generò Giuseppe, Tribuno della regia milizia, prefetto del castello di Palermo, sposò Eleonora Vanni e da lei generò Alessio.

La popolazione cerdese ebbe un notevole incremento raggiungendo circa 2000 abitanti, che diventarono oltre 3000 intorno al 1860 e superarono le 4000 unità nel 1870 per attestarsi, negli anni successivi, sui 5000 abitanti. Nel secolo successivo a causa dell’emigrazione di molte famiglie in cerca di lavoro, si ebbe un freno all’aumento della popolazione, che si stabilizzò attorno a 5000 abitanti. Nel XIX secolo Cerda si elevava alla dignità di Comune.

Cosa vedere a Cerda

Una delle più antiche e importanti costruzioni del paese è il Palazzo baronale (chiamato il palazzo “Marchese”). Ha un impianto austero, tipico delle costruzioni del territorio madonita e mostra evidenti segni di rifacimenti. Interessante è anche la chiesa madre, dedicata a Maria SS. Immacolata, costruita tra il XVI e il XVII secolo e rimaneggiata nell’Ottocento. Altri palazzi di rilievo sono il palazzo Russo ed il palazzo Coniglio. A palazzo Russo si possono ammirare, nel salone delle feste, affreschi in buono stato di conservazione realizzati dai pittori Enrico Cavallaro e Brusca nel 1892. Essi stessi curarono, sotto le direttive dell’architetto Ernesto Basile, gli affreschi del Teatro Massimo di Palermo. A circa 7 km dal centro abitato si trovano le “Tribune”, ricordo della mitica Targa Florio, la gara automobilistica su strada più antica del mondo.

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