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La grande crisi dei pomodori Pachino, che di fatto rischiano di sparire dal mercato: ai produttori non convengono più. Un articolo de "Il Giornale" tinteggia il dramma, tra il serio e il faceto: "I pomodori Pachino sono un marchio più contraffatto di una borsa di Prada, con la differenza che nessuno si prende nemmeno la briga di copiare il logo: basta scrivere a penna 'Pachino' su un pezzo di cartone e Pachino sono. Nell'anno dell'ecatombe delle primizie siciliane succede che gli originali, insalatari e ciliegini, 'nemmeno i tedeschi ce li comprano più'. Troppo cari: un euro solo di costo di produzione", si legge.

Scavando a fondo si scopre che i fatturati delle aziende produttrici si sono dimezzati rispetto al 2015. I pomodori Pachino vengono spediti soltanto da Roma in su, ma anche il mercato tedesco, una volta florido, adesso zoppica. Scrive "Il Giornale":

"Con i tedeschi quest'anno per il ciliegino è stato un disastro – allarga le braccia il direttore del consorzio Salvatore, Chiaramida – non riusciamo a essere competitivi con gli spagnoli e i marocchini. Se lo vuoi mandare, lo devi inviare ai prezzi che dicono loro". E, in Italia, vendere ai prezzi del mercuriale, la Bibbia dei mercati, ovvero il listino della giornata. Chiaramida indica la scheda di Vittoria con le quotazioni del 20 aprile: pomodoro ciliegino 50 centesimi al chilo, 70 per l'alta qualità. Prezzi improponibili per i pomodori doc, che arrivano ai 2 euro e 50 con il confezionamento nella tipica scatola di plastica da trecento grammi. Scatola che non c'è al Mass di Catania, al banco dei pomodori di Pachino.