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Il carretto siciliano rappresenta l’isola in tutto il mondo. È uno dei suoi simboli più famosi, ma quanti conoscono davvero la sua storia? Di umili origini, è diventato con il tempo una vera e propria opera d’arte, al punto da assumere stili e caratteristiche diverse a seconda della città di riferimento. Ci sono, ad esempio, lo stile palermitano, quello catanese, quello trapanese e quello di Vittoria.

Differenze a parte, esiste una caratteristica comune, cioè l’origine, legata alla tradizione contadina. Con la caduta dell’impero romano, la viabilità in Sicilia vive un periodo di decadenza e la maggior parte dei trasporti avviene via mare. Le strade, infatti, sono per lo più impraticabili. Per stabilizzare nuovamente le condizioni della rete viaria bisogna arrivare all’avvento del XIX secolo. Nei primi anni dell’Ottocento il carretto si diffonde in tutta l’Isola, diventando mezzo di trasporto prediletto per chi lavorava la terra o trasportava merci.

Trainato da un solo animale, è pratico e funzionale. Può anche essere utilizzato per trasportare persone, nonostante le piccole dimensioni. Il carretto siciliano è difficile da realizzare e richiedeva diverse maestranze, dal fabbro al carradore, arrivando al pittore.

A cosa servono i decori dei carretti siciliani?

Con il tempo, i carretti vengono abbelliti sempre più, raccontando storie semplici o articolate. I decori hanno tre funzioni.

Anzitutto, proteggono il legno, facendo sì che il materiale rimanga il più a lungo possibile in buone condizioni. Ancora, hanno una funzione apotropaica e scaramantica: le scene raffigurate, infatti, sono considerate portafortuna. In ultimo, servono ad attirare l’attenzione dei passanti, facendo pubblicità e “scruscio”, insieme alle campanelle poste sul carro e sul cavallo.

Con l’avvento dei veicoli a motore, i carretti vengono relegati a un ruolo più marginale e turistico ma, nonostante questo, mantengono intatto il loro fascino. Ancora oggi sono apprezzati e ammirati in tutto il mondo.

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