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Lo chef palermitano Filippo La Mantia un anno fa ha aperto il suo nuovo ristorante a Milano. Adesso però con amarezza ne annuncia la chiusura, non si sa se sia temporanea o meno. “Dal 1 marzo sospendo il servizio del ristorante: è solo un’interruzione, voglio rivoluzionare il modo di strutturare l’offerta di ristorazione, ho avuto tanta difficoltà col personale”.

L’annuncio di Filippo La Mantia

Lo chef precisa però che non si tratta di una vera e propria chiusura, però non sa la data di apertura. “Ho sempre pensato che nella semplicità stia il nuovo concetto di lusso. Il Mercato Centrale ha, dalla sua apertura, democratizzato la ristorazione all’interno dei loro spazi ed io ne ho percepito l’essenza dandomi la forza di rimettermi in discussione”. Lo racconta a Repubblica.it.

“Nel ristorante ci ho messo tutto quello che ho imparato fino al 2020: una cucina di casa, all’insegna della convivialità, ma quello che è cambiato è la mia percezione del mondo del lavoro. Scegliere i miei “compagni di viaggio” è sempre stata una priorità. L’esperienza al Mercato è stata una palestra meravigliosa per capire e capirsi, mi ha mostrato uno spaccato di realtà a cui non ero abituato”.

Ma c’è un barlume di speranza che non sia una decisione permanente. “Sto pensando a una riorganizzazione e un riposizionamento del mio format insieme a Umberto Montano (l’imprenditore che ha aperto diversi Mercati Centrali nelle stazioni italiane) e l’obiettivo è quello di impiegare meno personale: ho quasi 63 anni, 30 passati nella ristorazione, 15 aperture alle spalle tra ristoranti dove ho fatto consulenza e di proprietà, ero a libro paga fino al 2014, imprenditore da quell’anno, conosco molto bene le dinamiche del mondo del lavoro e della ristorazione nello specifico”.

“Cerco personale a tutti i costi”

“Sono cambiati i periodi e gli approcci, cambia la tipologia di prestazione che i giovani vogliono dedicare, basta che manchino 2 o 3 figure focali e il servizio non rispetta quello standard che io amo dare. Sarò severo ma giusto, me lo riconosco, e pago bene, anche dai primi livelli di esperienza”.

“Ma siccome Milano offre diverse nuove aperture e anche molto appealing, quella fascia di personale che non supera i 30 anni si trova a cambiare molto spesso bandiera, a volte anche tornando al primo luogo di lavoro. Il preavviso minimo sono 20 giorni ma in questo lasso temporale non si riesce assolutamente a ricostruire una piccola brigata, dato che spesso i colleghi se ne vanno insieme. Parto a fare colloqui anche oltre 3 mesi in anticipo se so di dover realizzare una nuova apertura, ma 20 giorni sono davvero nulla in questo mondo”.

“Oggi mi trovo ai minimi storici, 3 in sala e in cucina ho solo un pasticcere e due cuochi più me stesso. Chiudo perché non voglio arrivare a fine servizio con l’affanno. Per me la sala è fondamentale, io mi divido tra cucina e sala, consiglio, racconto, suggerisco, mi sento una sorta di carta vivente, e la gente apprezza, forse viene anche per me”. Ma lo chef rassicura. “Non è una pausa, quella è ad agosto“.

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