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Frodi a gogo nella vendita di pesce. "Il Fatto Alimentare" ha fatto i conti con il rapporto dell’organizzazione ambientalista statunitense "Oceana". Analizzando oltre 200 studi condotti in 55 Paesi, emerge che in media un terzo dei campioni ittici è fraudolento, nel senso che risulta essere una specie diversa da quella descritta.

Nel 58% dei casi, inoltre, il pesce non regolare può rappresentare un pericolo per la salute, perché contiene tossine o allergeni non analizzati né denunciati in etichetta o sul menu. "In Italia l’82% degli oltre 200 campioni di cernia, pesce persico e pesce spada analizzati conteneva pesce diverso", si legge nel dettaglio.

Nella lista dei pesci più utilizzati nelle truffe il pangasio e il nasello sono ai primi posti. Il primo viene venduto in modo fraudolento in tutti i continenti con il nome di altre 18 specie. Di solito si tratta però di pesce persico, cernia e sogliola. In questo quadro sconfortante emerge il caso virtuoso dell’Unione Europea dove, grazie alle norme sull’etichettatura, il numero di frodi è passato dal  23% del 2011 all’8% del 2015.